ALLE ORIGINI DELL’ISLAM: ATTACCO ALL’EGITTO CRISTIANO

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imagesYK9LJVNK Consolidata nel 638 la conquista della provincia siriana (comprendente, come abbiamo visto nelle puntate precedenti, anche Palestina e Giordania), appena un anno dopo, nel dicembre del 639, i Musulmani si rivolgono con interesse all’Egitto.

E’ un bravo generale, già distintosi nella campagna di Siria e nell’assedio di Gerusalemme, Amr ibn al-As, a passare il confine nell’altra grande provincia bizantina con meno di diecimila uomini, di cui appena la metà a cavallo.

Gli Arabi ovviamente attaccarono da terra, conquistando subito Pelusio ed Eliopoli. I cristiani, timorosi, si decisero a dare battaglia solo nel luglio dell’anno seguente, nel 640, presso la fortezza di Babylon, all’apice del delta del Nilo, vicino all’odierna Cairo. Amr ibn al-As vinse la battaglia e costrinse Kyros, governatore bizantino dell’Egitto, a venire a patti. Per dare lustro alla vittoria e per rinsaldare i successi sul campo, i Musulmani fondarono Al Fustat, città-accampamento da cui nascerà la futura metropoli del Cairo. Risalirono il Nilo verso Sud e conquistarono ad ovest anche l’oasi di Fayyum.

La tregua stipulata con i Bizantini di fatto sanciva la presenza araba in Egitto; perciò quando Kyros si presentò a Costantinopoli per rendere conto del proprio operato, fu duramente sconfessato dall’imperatore.

Ma nel 641 Eraclio, dopo aver assistito in pochissimi anni a tante disfatte del suo esercito da parte degli Islamici, moriva e sfumava così la possibilità che un corpo d’armata imperiale giungesse subito in soccorso degli Egiziani. Caduta definitivamente anche la fortezza di Babylon, il generale Amr aveva dinanzi a sé aperta la strada per Alessandria, che si arrendeva il 29 settembre del 642. Secondo alcune fonti fu in tale occasione che la celebre Biblioteca alessandrina andò completamente perduta.

Erano passati 10 anni dalla morte di Maometto (632-642) e i Musulmani disponevano ora di un Paese che era considerato il granaio dell’Impero bizantino e uno dei più grandi porti del Mediterraneo: la stessa Costantinopoli doveva ad Alessandria e al ricco Egitto gran parte dei propri rifornimenti.

Completata la conquista, il generale Amr ibn al-As fu richiamato dal califfo Uthman, che affidò ad Abdallah ibn Abi Sarh il governo della provincia egiziana. Quest’ultimo rese sicuri i confini meridionali stipulando un trattato politico-commerciale con i Nuba, popolazioni cristiane dell’odierno Sudan. Costituì inoltre la prima flotta musulmana, per mezzo della quale gli antichi predoni del deserto erano ormai pronti a scorazzare per il Mediterraneo. 

Molti storici e commentatori politici occidentali hanno sottolineato, quasi con compiacimento, la remissività se non l’entusiasmo con cui i cristiani di Siria prima e quelli d’Egitto dopo subirono le invasioni arabe, senza opporre eccessiva resistenza. L’osservazione ha un fondamento e si spiega, oltre che con le ragioni di carattere strategico, anche con le profonde divisioni che animavano la società cristiana mediorientale del tempo. Era infatti forte la frattura fra cristiani melchiti, fedeli all’imperatore bizantino e ai dettami ortodossi del concilio di Calcedonia del 450, e i cristiani monofisiti, che in Egitto saranno maggioritari e prenderanno il nome di Copti.  Questi ultimi non avevano molta simpatia per i nuovi padroni musulmani, che consideravano barbari e rozzi. Tuttavia, in contrapposizione ai rivali Melchiti, considerarono le conquiste arabe come una “punizione” inflitta da Dio agli imperatori romani d’Oriente per aver perseguitato la vera chiesa, e cioè quella monofisita. L’imperatore Eraclio aveva poi ulteriormente complicato le cose, perché ritenendo di poter risolvere l’annosa questione e di venire incontro alle esigenze dei Monofisiti, appoggiò la dottrina monotelista formulata da Sergio, patriarca di Costantinopoli. Il monotelismo, che era una evidente soluzione di compromesso, ammetteva la doppia natura, umana e divina, di Cristo (così come proclamavano gli Ortodossi melchiti), ma affermava che Cristo avesse una sola energia e una sola volontà (in omaggio alla teologia dei Monofisiti). Come spesso accade, tale soluzione di compromesso scontentò tutti, creando ulteriori divisioni ed esacerbando gli animi.

Ma la disillusione nei confronti dei nuovi padroni islamici arrivò presto: qualche anno dopo la conquista del 642, sotto il califfato degli Omayyadi, i Copti verranno marchiati a fuoco sulle mani. Durante la successiva dinastia degli Abbassidi, invece, avranno l’obbligo di portare intorno al collo delle croci che pesavano due chili. Più tardi Mamelucchi e Turchi compirono vere e proprie stragi. Significativo è che il numero dei vescovi copti calò dai 168 del periodo precedente alla conquista musulmana ai soli 17 del XVII secolo.

Tutti i Cristiani appena sottomessi dovevano pagare la jizya, la speciale tassa delle religioni “del Libro”, che li salvava dalla dolorosa scelta fra l’Islam o la morte. Nel corso dei secoli questa tassa haalimentato in maniera del tutto considerevole le finanze islamiche. Nel presentare le monete della jizya sul palmo della mano, il contribuente cristiano o ebreo doveva fare in modo che le sue mani non fossero sollevate al di sopra di quelle del musulmano ricevente: “Stabilita così la loro inferiorità, i cristiani e i giudei erano positivamente incoraggiati a rimanere in gran numero dentro l’impero islamico…I popoli del Libro potevano continuare tranquillamente nelle loro pratiche religiose, sotto i loro capi tradizionali, purchè sostenessero gli eserciti musulmani con le loro ricchezze attraverso le tasse…” (Peter Brown, “La nascita dell’Europa cristiana”).

L’Egitto era stato una delle province bizantine più ricche dal punto di vista agricolo. Ma l’invasione musulmana sconvolse l’economia della regione. Nel 705 gli Arabi aumentarono considerevolmente l’imposta fondiaria, portando scoraggiamento e paura fra i villaggi agricoli copti. Come raccontano Alain Ducellier e Francoise Micheau nel loro libro “L’Islam nel Medioevo” (Il Mulino, 2004, pag.43) scoppiarono numerose rivolte contro gli esattori islamici, ma le conseguenze furono pesantissime: ”… le popolazioni si dispersero, i villaggi furono devastati, le terre coltivate diminuirono e la solidarietà di villaggio fu resa fragile. Ma l’Egitto fu fermamente mantenuto nelle mani dei califfi..

 

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