AMORI DIFFICILI: LA CRISI DELLA RELAZIONE INTERPERSONALE (recensione a cura di David Taglieri)

1009

61ALvAHZpqL__SL1287_C’è un saggio da leggere ed analizzare, da godersi piano piano pagina per pagina perché oltre ad arrivare al cuore, arriva alla mente di chi lo sfoglia e allo stesso tempo lo assapora.

Avvertenza: affrontarlo lentamente e con calma, si tratta di psicologia ma con la delicatezza di chi sa arrivare al cuore della gente anche con argomentazioni tecniche e con l’educazione di chi non si mette sul pulpito a giudicare.

“Amori difficili. La crisi della relazione interpersonale e il trionfo dell’ambiguità”, di Tonino Cantelmi e Rachele Barchesi (pagg. 260, Edizioni San Paolo) è uno studio efficace e utile sulla crisi delle relazioni interpersonali al tempo di internet, delle nuove reti sociali, che, come dice la parola stessa, molto spesso finiscono per pescare l’individuo, il quale resta ‘avvinghiato’ se non ha gli strumenti giusti della misura e dell’equilibrio.

Amore è un concetto a tutto tondo, troppo spesso ridotto a macchietta sentimentalistica o sessuale, perché banalizzato dal linguaggio e dall’inquinamento della società dei mass media.

Basti pensare ai salotti ampollosi alla Fazio, piuttosto che alle volgarità plateali di Maria de  Filippi o a tutti quei social network che sono diventati il trionfo dell’esibizionismo e del presenzialismo. Gli Autori di questo libro non demonizzano e anzi invitano a utilizzare le novità tecnologiche con intelligenza e raziocinio, in pratica per quel che sono, cioè mezzi di comunicazione, non chiacchiera e intrattenimento ad oltranza.

Gli Autori sottolineano che a tempo di 2.0 siamo tutti connessi e crediamo di essere comunità viva, di avere tanti amici e di ottenere l’approvazione delle moltitudini. Ma è un’illusione: in realtà siamo tutti più soli.

Talvolta dietro la tastiera siamo liquidi, inconsistenti, e chattare quattro-cinque ore con dodici persone contemporaneamente vale molto meno che scambiare due chiacchiere con un conoscente vis a vis, laddove ci si guarda negli occhi, c’è il contatto fisico, lo sguardo, in pratica la vita reale.

Oggi pare così difficile far nascere rapporti concreti, siano di conoscenza, di amicizia o di amore, perché è venuto a mancare l’elemento della stabilità, il per sempre. Il per sempre intimorisce e i mezzi di comunicazione fanno di tutto per avvilire i veri valori della vita: gli idoli attuali sono l’egocentrismo di massa e l’esibizionismo delle immagini finte ed artefatte.

E arriviamo a uno dei nuclei del libro: il narcisismo, frutto di un individualismo figlio di due spinte: quella liberal-capitalista degli eccessi e quella tardo-sessantotina del giovanilismo sfrenato, per cui l’uomo basta a sé stesso, non ha bisogno di nessuno.

Anche l’amicizia è in crisi, proprio perché il termine è abusato sui social network e se quasi tutti si lamentano di non avere amici, quasi nessuno però si sforza di praticare l’amicizia in maniera genuina. Si arriva così al paradosso che molte persone si incontrano la sera per una birra o per una pizza e non si guardano nemmeno in faccia, pur di stare drammaticamente connessi.

Internet è una risorsa, a livello culturale, organizzativo, anche sociale, ma deve essere uno spunto per poi fare realmente vita reale, non per chiudersi in gusci vuoti che per ore ed ore producono curiosità talora morbose.

Gli Autori vanno alla ricerca di quello che abbiamo perduto in una società frenetica dai ritmi asfissianti che svuotano l’individuo e lo portano ad avvertire il vuoto di conoscenze fittizie e superficiali.

Finite le denunce, inizia nel libro la parte interessante delle proposte e delle proposizioni di cambiamento; ad esempio iniziare ad ascoltare le nostre solitudini, assaporare le emozioni più interne, non scappare dal silenzio, concederci una camminata in un bosco o in un’area verde, o lungo il mare, per riconnettersi alla Natura, e all’Assoluto,  per chi crede. Con noi stessi, in generale…

Prendere atto che la vita non è solo caos, baccano, festa: c’è un tempo per tutto. E’ bello pure il divertimento – ma non è tutto lì – come invece l’attuale società vuole farci credere.

Riflettere o pensare sono termini quasi banditi dal vocabolario del politicamente corretto, e diciamo anche corrotto dal pensiero unico. Bisogna tornare a noi stessi per poter dare agli altri, svuotarci di stress inutili che ci fanno perdere la bussola, ricercare la vera felicità e non quel vago benessere tanto osannato dai media (anche quello va bene, osservano gli Autori, ma non è il fine ultimo).

La differenza arricchisce, l’omologazione livella e cancella identità, credenze e tradizioni.

L’amore, sia esso amicizia, affetto, stima, conoscenza, rapporto sentimentale, va dedicato a qualcosa di Alto. In questo modo gusteremo la vita con occhi diversi, magari accettando i nostri limiti e valorizzando le nostre qualità, diventando tutti meno egocentrici.

1 commento

  1. Caro David, non voglio perdere l’ appuntamento che mi sono dato con le tue recensioni che vanno a focalizzare scritture sempre di alto valore. Non ho il saggio che recensisci con tanta limpidezza, ma trovo il nucleo di pensiero che mi trasmette la lettura di “parole del mattino – 366 riflessioni per un anno” del cardinale Gianfranco Ravasi; un saggio che mi accompagna ogni sera prima di addormentarmi dal quale è difficile staccarmi. Vi ho ritrovato proprio quel silenzio che scende nell’ animo e che aiuta a ricomporre l’ immagine, quella vera, che si ha di sé, con tutti i pregi (pochi) e difetti (purtroppo tanti).

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui