APPIO CLAUDIO: QUALE? (di Claudio Tescari)

1184

La storia di Roma, fin dalla sua fondazione, ci racconta come il numero dei romani è cresciuto con un ritmo superiore ad una normale espansione demografica, assorbendo una gran quantità d’immigrati. Romolo designò il colle Capitolino quale luogo d’asilo per i fuoriusciti di altre città del Lazio, per gli esuli e per i banditi. I primi romani erano quasi tutti di sesso maschile e non erano certo dei tipi raccomandabili! Da qui è scattata l’esigenza che ha portato al “Ratto delle Sabine”. La conseguente guerra con i Sabini si concluse con una fusione delle due parti in lotta. E così hanno continuato a fare i Romani dopo ogni vittoria sulle città circonvicine. Dopo la presa di una città, fosse latina, sabina o etrusca, il tempio della divinità locale veniva distrutto e il “simulacro” del dio traslocato a Roma, dove gli veniva eretto un nuovo tempio a lui (o lei) dedicato.

Alle più eminenti famiglie della città sconfitta, i Romani offrivano la possibilità di trasferirsi a Roma, dove spesso il capo famiglia veniva accolto come membro del Senato, con tutte le prerogative che questo comportava.

Nell’anno 504 a.C. – sesto dalla cacciata di Tarquinio il Superbo e dalla nascita della Repubblica- durante l’ennesima guerra con le popolazioni Sabine, una parte di loro, contraria a quella guerra, passò dalla parte dei Romani guidata dal sabino Attius Clausus. Benevolmente accolto a Roma con la sua gente, Attius poté stabilirsi in un’area oltre l’Aniene (pressappoco nel quartiere Talenti di oggi) ed entrò a far parte del Senato ed il suo nome venne latinizzato in Appio Claudio. La radice del nome Claudio è la stessa della parola “claudicante”, per questo è ragionevole supporre che Attius fosse affetto da una qualche zoppia. I Romani non erano teneri allora (e non lo sono a tutt’oggi) nell’appioppare soprannomi.

Appena dopo pochi anni, Appio Claudio fu eletto console per il 495 a.C. insieme ad un certo Publio Servilio. Appio e la sua famiglia entrarono quindi a pieno titolo tra le gentes nobili, le circa 50 famiglie che facevano risalire la loro origine ai primi compagni di Romolo ed alla fondazione dell’Urbe. La gens Claudia acquisì da subito la supponenza e l’arroganza della nobiltà, passando alla storia come la famiglia più agguerrita nell’avversare la plebe nelle lotte politiche e sociali.

Un’altra abitudine familiare fu che ogni figlio primogenito veniva chiamato Appio e poiché tradizionalmente erano identificati come “Appio Claudio figlio di Appio” i romani trovarono indispensabile appioppare a ciascuno un diverso soprannome, col quale li incontriamo sui libri. Nei primi 150 anni di presenza a Roma troviamo diversi Appio Claudio ai vertici della repubblica: ricoprirono le cariche di consoli, censori e di decemviro. Quest’ultimo – Appio Claudio Crasso Inrigillense – fu console per l’anno 471 a.C. e durante il secondo consolato nel 451 diventò parte dei dieci nobili che redassero le 10 tavole in cui furono trascritte le consuetudini legali in vigore nell’Urbe. L’anno successivo presiedette un secondo decemvirato, che completò il lavoro legislativo con altre due tavole. Ma il merito di aver collaborato alla stesura delle “Dodici Tavole”, base del diritto romano, venne oscurato dall’atteggiamento tirannico di Appio. Non solo ebbe violenti contrasti con la plebe, ma si invaghì di una giovane di nome Virginia e volle farla sua con ogni mezzo. Con l’inganno, il vecchio Appio rivendicò un debito insoluto e pretese di farla schiava per avere mano libera, ma il padre di lei, Virginio, preferì ucciderla piuttosto che vederla disonorata dal tiranno. L’aver reso pubblico questo drammatico episodio, sollevò un’ondata di unanime sdegno che travolse Claudio. Il Senato sotto la pressione della protesta popolare lo mise sotto accusa e dispose il suo arresto. In prigione, si uccise per evitare il processo.

Un altro Appio Claudio figlio di Appio, ci è noto come “Cieco” per aver perso la vista in età avanzata. Fu console per gli anni 307 e 296 a.C., ma precedentemente ebbe la carica di Censore (dal 312 al 310 a.C.) durante la quale fece avviare la costruzione della Via Appia e costruire il primo acquedotto romano: l’Aqua Appia, con un percorso totalmente scavato sottoterra.

Appio Claudio Caudex, un’altra perla della famiglia, durante il suo consolato nel 264, convinse Senato e popolo della necessità di soccorrere in armi la città di Messina, con la conseguenza di scatenare la guerra con Cartagine, la prima delle tre guerre puniche.

Poi, Appio Claudio Pulcro console per il 249, prima di affrontare in battaglia a Trapani il generale cartaginese Asdrubale (anche lui uno dei tanti con quel nome) prese gli auspici tramite l‘osservazione del pasto dei polli sacri. Ma i polli non avevano fame quella mattina ed il console Appio, spazientito, diede ordine di gettarli in mare: “Se non hanno fame, che bevano!”. I romani, superstiziosi come pochi, imputarono a questo episodio la rovinosa sconfitta terrestre e navale di quella giornata.

La famiglia dei Claudii fu prolifica e fu una delle poche antiche Gentes che non si estinse, arrivando fino all’epoca imperiale, sempre ai vertici dello stato. Livia Drusilla, moglie di Ottaviano Augusto, apparteneva alla gens Claudia e fu la nonna dell’imperatore Claudio, appunto.

Ma rimane il problema: se sul libro che state leggendo si parla di Appio Claudio, qual’è?

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui