CENTRALISMO E FEDERALISMO

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Francesco II e Maria Sofia, ultimi sovrani del libero Regno delle Due Sicilie

Lo Stato unitario italiano è nato male. Nel 1861 la nazione italiana venne costretta a indossare un vestito costituzionale che non era adatto al corpo della nostra patria: le venne imposto infatti un centralismo statale che contraddiceva la sua storia e le sue tradizioni locali, molte e complementari. Un centralismo che, invece di unire, divise e creò fin da subito la “questione meridionale”, che ancora oggi affligge il Paese. Un Sud umiliato e sottomesso che ha smesso di crescere e un Nord strappato alle sue radici comunali e federali. Il tutto poi sradicato dalle radici cristiane, innestando un conflitto con la Chiesa che solo in parte il Concordato del 1929 riuscirà a risolvere.

Errori di questo tipo si pagano nel tempo, se non si provvede a rettificarli. I governi italiani non lo hanno mai fatto: sia l’Italia liberale, sia quella fascista, sia quella nata dopo la Seconda guerra mondiale non hanno mai voluto affrontarli.

Ideologie diverse, ma sempre centraliste. Fino all’indomani del crollo del Muro di Berlino parole come federalismo e sussidiarietà erano confinate ai margini di ogni dibattito politico, poi vennero finalmente “sdoganate” ma non si riuscì a invertire la rotta centralista. Oggi, con le prossime elezioni del 4 marzo,  ci viene offerta un’occasione per ricordare allo Stato italiano che nessuno vuole distruggerlo, nonostante la sua brutta storia, ma semplicemente correggerlo, dando un segnale nella prospettiva di una maggiore autonomia delle regioni italiane.

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