CHE GUEVARA, MISSIONARIO DI VIOLENZA

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Il Che usato come un logo. La sua effigie (il basco e lo sguardo malinconico volto all’orizzonte) si ritrova sugli abiti, sui gadget, sulle bottiglie di birra, sul tatuaggio esibito da Diego Armando Maradona o da Mike Tyson. Insomma, un’icona pop, caso esemplare di marketing. A voler colmare l’abisso fra il mito e la realtà, arriva oggi questo libro, tratto da un documentario dello stesso autore che è stato un successo televisivo negli Stati Uniti, e che raccoglie oltre trenta testimonianze dirette di chi con lui ha combattuto fianco a fianco. Ne emerge un uomo completamente altro rispetto al mito che lo ha consacrato dopo la morte, sanguinario e passionario della violenza.

Pedro Corzo arriva in Italia con il suo libro Che Guevara, missionario di violenza (Spirali, 18 €, pagg. 340), che già dal titolo si rivela controcorrente, irriverente nei confronti del luogo comune che colloca il Che sul piedistallo della mitologia. L’autore tenta l’ardua impresa di sfatare questo mito idolatrato, raccogliendo le testimonianze di trentatré persone, ventinove uomini e quattro donne, che hanno conosciuto personalmente il Che, in molti casi combattendo al suo fianco nella cosiddetta “revoluciòn”.

Attraverso il loro racconto si scopre un Che commediante, arrogante, presuntuoso, crudele, vendicativo, simulatore. Dipingono l’argentino come un avventuriero animato unicamente dalla smania di emergere. Capo militare della prigione-fortezza la Cabaña, dopo processi approssimativi, Che Guevara firmava condanne a morte senza nemmeno verificare i capi d’accusa...

Il libro di Pedro Corzo, come del resto tutta la bibliografia su Che Guevara, va letto senza ideologia, con apertura intellettuale, attenendosi alla storia: questo testo è “per chi non conosce la verità storica e va in giro con l’effige del Che dalla testa ai piedi”, come scrive nell’introduzione Alvaro Alba, storico e giornalista.

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