CIRCO MASSIMO: DAL RATTO DELLE SABINE AL GAZOMETRO (di Claudio Tescari)

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Da quando l’uomo ha addomesticato il cavallo, presso tutte le civiltà è stata praticata la contesa della corsa, ritualizzazione della guerra e prova di abilità equestre. La sport più popolare nell’antichità classica fu sicuramente la corsa dei carri, che si svolgevano sempre nell’ambito di feste in onore di una divinità. L’origine delle Olimpiadi, secondo gli stessi Greci, era dovuta ad una sfida di corsa con le bighe, specialità che è rimasta regina fino alla cessazione della manifestazione di Olimpia. La particolarità era che il vincitore di questa gara era il proprietario dei cavalli e non chi li conduceva alla vittoria; infatti, in tutta la storia delle Olimpiadi, una sola volta una donna ebbe la palma della vittoria e la corona d’alloro e questo perché era la proprietaria del carro che vinse la corsa.

A Roma, sin dalla sua fondazione, si tenevano gare equestri e corse di carri, con muli ed asini oltre che cavalli, in onore del dio Conso, una divinità latina del sottosuolo, la cui ara era sepolta nella valle Murcia, tra il colle Aventino ed il Palatino. Fu in quel luogo ed in occasione di tale festa sacra, che Romolo invitò i Sabini e le loro famiglie, abitanti dei colli Esquilino, Viminale e Quirinale, ad assistere ed a partecipare alle gare equestri. Fu in questa valle, secondo gli storici romani, che ebbe luogo il ratto delle Sabine. La valle Murcia si prestava bene a questo genere di corse, in quanto era ad andamento rettilineo ed il corso d’acqua che l’aveva scavata era diventato solo un ruscello. In antico, era stato un fiume che scendeva dai colli Albani ed aveva un corso (quello che fu in seguito della via Tuscolana) il quale giungeva fino all’attuale Porta San Giovanni, per poi girare a sinistra e costeggiare il colle Celio e dopo aver ricevute le acque dell’affluente Fosso Labicano, aveva scavato la valle Murcia per confluire nel Tevere all’altezza della palude del Velabro.

In età moderna, il nome di questo rio era “la Marrana”, corruzione di una più antica denominazione di Acqua Mariana. Gli spettatori delle gare, inizialmente, si sitemavano sulle pendici scoscese dei colli e solo verso la fine del periodo monarchico, i Re Tarquini fecero costruire un primo gruppo di gradinate in legno e una cloaca per convogliare nel sottosuolo le acque della Marrana fino al Tevere. Il prosciugamento della valle Murcia creò lo spazio per un percorso di andata e ritorno, segnato da due metae di legno e consentì di prolungare la lunghezza delle gare. Era nato il Circo Massimo.

Un terrapieno fu costruito al centro della pista per collegare le due mete, la spina, che fu ornata dei simulacri delle divinità alle quali venivano dedicati i giochi equestri (ludi circenses). Le prime strutture in pietra furono edificate, con blocchi squadrati di tufo, nel 174 a.C.e riguardavano i carceres, cioè le scuderie che ospitavano i carri in partenza; inoltre, sulla spina furono poste septem ova di legno che venivano fatte rotolare per segnalare al pubblico il numero dei giri effettuati e quelli rimasti. Nell’anno 55 a.C., Pompeo Magno offrì uno spettacolo con animali esotici, fiere e venti elefanti, fornendo di cancellate di protezione tutto il perimetro della pista. Purtroppo, alcuni elefanti si imbizzarrirono e travosero gli sbarramenti in ferro, con grande spavento del pubblico e diversi feriti. Per evitare il ripetersi di eventi del genere, C. Giulio Cesare, nel 46 a.C., fece scavare un fossato pieno d’acqua, detto Euripo – largo tre metri ed altrettanto profondo – a protezione del pubblico, il cui numero aumentò grazie all’ingrandimento delle gradinate, ottenuto scavando le pendici dei due colli. Il Circo fu dotato di tre ordini di posti, di cui solo il più basso (ima cavea) in pietra e muratura, con una capienza di 150 mila posti a sedere. La struttura lignea venne distrutta da un incendio nel 31 a:C., ma fu fatta prontamente ricostruire da Ottaviano Augusto, che rifece in marmo il Pulvinar, cioè il loggiato in cui erano ogni volta sistemate le immagini degli Dei e dal quale assisteva alle corse l’imperatore. Durante il dominio di Augusto, fu collocato al centro della spina un obelisco fatto venire da Eliopolis, dove era stato fatto erigere dal Faraone Ramsete II: è il medesimo obelisco che orna la romana Piazza del Popolo. Fu anche raddoppiato il sistema di segnalazione dei giri di pista, affiancando alle sette uova di legno, sette delfini imperniati su un asse, che venivano rovesciati ad ogni giro compiuto.

Sotto l’impero di Claudio, le vecchie mete di legno furono sostituite con altre in bronzo dorato, i Carceres in tufo furono rivestiti con marmi e realizzati sedili più comodi per i Senatori e le Vestali.

Proprio dalle botteghe addossate al Circo Massimo ebbe inizio il devastante incendio dell’anno 64 d.C. Pertanto, anche se era impegnato nel progetto e nella realizzazione della Domus Aurea, Nerone fu costretto ad un profondo restauro del Circo: oltre a ricostruire la cavea, fece colmare l’Euripo per allargare la pista e la spina, ove collocò delle vasche con giochi d’acqua, realizzò ulteriori tratti di gradinate in muratura e per i Cavalieri, nuovi sedili, dello stesso tipo di quelli senatoriali. Ulteriori ampliamenti, realizzati a danno delle pendici dell’Aventino e del Palatino, furono iniziati da Vespasiano e ultimati da Domiziano. Al centro del lato curvo, verso il Celio, fu ampliato l’arco di ingresso della Pompa circenses (processione degli Dei) trasformandolo in un arco onorario alla memoria di Tito. Le dimensioni del Circo raggiunsero i 600 metri di lunghezza ed i 200 di larghezza, con una capacità di 250 mila spettatori, parte seduti e parte in piedi nell’ordine più alto di posti. Il Circo Massimo era diventato il luogo di spettacolo più grande al mondo e lo è ancora oggi!

Durante il regno di Antonino Pio, nel 140 d.C., si verificò il crollo di una parte della summa cavea, ancora in legno, con un migliaio di morti ed altrettanti spettatori feriti. Ancora peggiore fu il crollo sotto l’impero di Diocleziano (284- 305 d.C.), a seguito del quale vi furono circa 13 mila vittime. Gli ultimi lavori di ampliamento e restauro furono ordinati da Costantino, che abolì la Pompa circenses pagana e portò la capienza del Circo a quasi 300 mila persone. Inoltre, fece trasportare dall’Egitto un altro obelisco, inaugurato da suo figlio Costante nel 357, il più grande mai realizzato: è alto ben 32 metri e 80 centimetri e sulle facciate celebra la gloria del faraone Tutmosi III, con aggiunte altre scritte geroglifiche in onore di Ramsete II, il quale aveva “riciclato” gli spazi rimasti liberi sul monolite. E’ l’obelisco che oggi svetta su piazza San Giovanni in Laterano, recuperato e rialzato per volere del papa Sisto V.

L’ultima gara di carri al Circo Massimo si tenne nell’anno 549, organizzata da Totila, re dei Goti. Poi il monumento abbandonato iniziò il lento e progressivo decadimento. Crolli, spoliazioni di materiali marmorei ed edilizi, occlusione della cloaca e ritorno in superficie del corso della Marrana, portarono all’interramento dell’arena e della parte di cavea in muratura. Ben 10 metri di depositi alluvionali e macerie ricoprono tuttora la pista dove gareggiavano i carri. Nel Medio Evo, l’area del Circo fu sfruttata come terreno agricolo e fu per molto tempo di proprietà della famiglia Frangipane. Vicino al lato curvo, sui resti antichi, sorse un mulino ad acqua -quella della Marrana- protetto dalla torre che ancora si vede, circondata di casupole (abbattute nel 1935). Questo minuscolo villaggio era di Iacopa dei Normanni, vedova di un Frangipane, quando nel 1229 vi furono ospitati San Francesco ed i suoi compagni, giunti a Roma per la prima volta.

La proprietà dell’area del Circo passò dalle chiese sorte nei pressi, quali Santa Anastasia, Santa Maria de Manu e Santa Lucia in Septisolio, anche a privati (nel ’700 era la “Vigna Roncioni”). Sul lato digradante dell’Aventino, dal 1645, fu impiantato il cimitero degli Ebrei romani. Occasionalmente al Circo Massimo venivano eseguite condanne capitali e proprio qui, nel 1868, furono decapitati i “patrioti” (in realtà liberali risorgimentali, n.d.r.) Monti e Tognetti, una delle ultime esecuzioni nello Stato pontificio.

Dopo la Breccia di Porta Pia, nel Circo vennero costruiti dei capannoni per il mercato all’ingrosso di frutta e verdura e, quando questo fu spostato in Via Ostiense, vennero trasformati in ricoveri per poveri e senzatetto. Sul lato occidentale, verso il Tevere, fu costruita la prima Fabbrica romana del Gas con il relativo Gazometro. Sorsero qui anche i magazzini del pastificio Pantanella, ceduti poi al Comune per realizzare la sede provvisoria del “Museo di Roma e Ostiense”, che fu demolita nel 1943. Durante il secondo conflitto mondiale, l’area del Circo venne utilizzata per la coltivazione degli “orti di guerra”, di cui alcuni erano ancora a coltura nel 1958. La sistemazione attuale fu approntata per la XVII Olimpiade, tenuta a Roma nel 1960, riproponendo il terrapieno centrale in ricordo della spina, con qualche albero a simulare gli obelischi e le metae.

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