COME NASCE UNA LEGGENDA: LA STRAORDINARIA STORIA DI PELE’ AL CINEMA (di Omar Ebrahime e David Taglieri)

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pelE’ opinione diffusa che il più grande giocatore di calcio della storia sia stato il brasiliano Edson Arantes do Nascimento, universalmente noto con il nomignolo di Pelé, uno degli attaccanti più bravi a far gol di sempre, perché in lui si trovava allo stesso tempo tecnica di gioco, fantasia nei colpi, ma anche disciplina tattica, giacché nel Brasile spettacolare e magico di scorribande, giocate acrobatiche e colpi al volo le regole sul campo da gioco e quelle fuori quelle della vita si accordavano in modo conciliante e quasi musicale. La nazionale brasiliana di Pelé era una perfetta ‘orchestra’ dove il calcio concreto si sposava con le genialità solistiche dei singoli campioni: genio e regola insieme per scardinare un assunto che vorrebbe sempre i migliori al di fuori di uno schema o di una norma. Pelé ci ha dimostrato invece che la difficoltà era proprio quella: essere campioni e seguire una condotta corretta nella vita e sul campo, anche quando egli stesso voleva immettere in squadra un po’ del suo estro e del suo genio lo faceva tentando di spiegare le sue idee e di renderle condivise, gareggiando sempre con lealtà ed onestà (nella carriera non ha mai segnato un gol con le mani, per esempio). Il film ora nelle sale, omonimo nel titolo, “Pelé” (107 minuti, regia J. e M. Zimbalist), racconta la biografia del gigante verde-oro (i colori della nazionale del suo Paese), a partire dal debutto nella squadra del Santos, cui rimarrà sempre legato, sottolineando aspetti poco noti come la coesione della sua umile famiglia che lo educò fin da bambino – in linea con la fede cristiana della madre – ai valori del sacrificio, dell’abnegazione, dell’educazione e del rispetto anche quando questo voleva dire dover subire umiliazioni razziali o classiste.  Il risultato è un buon cinema fuori dal cliché della morale spicciola del “tutto e subito” e degli eterni conflitti irrisolti fra genitori e figli: così vediamo un Pelé appena diciassettenne che trascina verso la gloria la nazionale brasiliana affermandosi come uno dei campioni del pallone più precoci e talentuosi di sempre. Dentro al calcio brasiliano – la pellicola lo suggerisce a modo suo –  non c’è poi solo uno sport ma un’identità sociale collettiva molto sentita a livello popolare, in cui riti del folklore sudamericano si mischiano alla visione del divertimento e dell’essere latini, cosicché la vittoria nella partita di calcio e il riscatto dell’orgoglio patriottico nazionale diventano un tutt’uno, a maggior ragione in anni in cui il campo di calcio diventava la dimensione agonistica persino dei confronti politici e bellici (si era allora nel pieno della ‘Guerra Fredda’).

Alla fine, insomma, la grandezza di colui che i suoi tifosi hanno chiamato “il Re” (nessun altro calciatore, d’altra parte, finora è riuscito mai nell’impresa di aggiudicarsi tre campionati mondiali di calcio) ha finito per influenzare notevolmente l’immagine del suo Paese a livello internazionale proprio come un tipico prodotto della società locale, al pari di un eroe inimitabile a cui guardare con ammirazione: un uomo non solo straordinariamente dotato nello sport che pratica ma umile nel carattere e disciplinato nella voglia di apprendere e quindi da presentare – come esempio positivo a cui guardare – ai ragazzi anche fuori dal suo Paese. Un messaggio diretto e semplice, se si vuole, ma quantomai controcorrente, soprattutto per i tempi che corrono.

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