ERDOGAN: VERSO UNA TURCHIA SEMPRE PIU’ ISLAMISTA

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Faiz Mohammed, 40, and Ghulam Haider, 11, sit in her home prior to their wedding in the rural Damarda Village, Afghnanistan on Sept. 11, 2005. Ghulam said she is sad to be getting engaged as she wanted to be a teacher. Her favorite class was Dari, the local language, before she was made to drop out of school. Married girls are seldom found in school, limiting their economic and social opportunities. Parents sometimes remove their daughters from school to protect them from the possibility of sexual activity outside of wedlock. It is hard to say exactly how many young marriages take place, but according to the Afghan women's ministry and women's NGOs, approximately 57 percent of Afghan girls get married before the legal age of 16. In addition, once the girl's father has agreed to the engagement, she is pulled out of school immediately. Early pregnancies also result in an increase in complications during child birth.

Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 20/11/2016, a pag.15, con il titolo “Erdogan senza più freni: Turchia in viaggio verso il Medioevo. Giornalisti e opposizioni vessati, una legge salverà gli stupratori”, l’articolo di Noam Benjamin:   “«Se un uomo stupra una ragazzina, può sfuggire alla condanna acconsentendo a stuprarla per il resto della sua vita». Cosi Anna Marie Waters, attivista britannica per la difesa dei valori occidentali contro l’invasione della sharia, ha sintetizzato il disegno di legge del governo turco di Binali Yildirim, fedelissimo del presidente Recep Tayyip Erdogan. Approvata in prima battuta dai deputati della maggioranza, la proposta prevede che un uomo che abbia avuto rapporti con una minorenne «senza usare la forza o le minacce» possa essere amnistiato se sposa la sventurata. Il disegno di legge (ddl) ha provocato una levata di scudi sia nell’opposizione repubblicana e socialista, sia all’estero. L’agenzia Onu per l’infanzia (Unicef) ha espresso «profonda preoccupazione» per il ddl ricordando che «queste forme abiette di violenza contro i bambini sono dei crimini che devono essere puniti in quanto tali», mentre il deputato repubblicano (Chi)) Ozgur Ozel ha ricordato che «richiedere il consenso di un bambino non è previsto dalla legge universale». La riforma avanzata dall’Akp di Erdogan, il partito islamico che un pezzo alla volta sta smantellando l’impianto laicista della Turchia di Kemal Atatürk, è solo l’ultimo passo che mette Ankara in rotta di collisione con l’Occidente. Dal tentato golpe dello scorso 15 luglio, la Turchia assomiglia ogni giorno di più a una dittatura. A cominciare dal pugno di ferro contro la stampa. Se nelle ultime settimane sono state chiuse decine di testate e arrestati centinaia di giornalisti turchi per presunte complicità con i golpisti o peggio ancora con i terroristi curdi del Pkk, sabato le autorità hanno fermato due reporter svedesi con l’accusa di aver filmato strutture militari. Stefan Asberg e Niclas Berglund sono stati fermati a Diyarbakir, martoriato capoluogo sudorientale di una regione a maggioranza curda e teatro di volenti scontri fra Pkk e militari turchi. Da alcuni giorni Diyarbakir è rimasta senza sindaco e vicesindaca, entrambi arrestati con l’accusa di complicità con l’insorgenza curda. La stessa accusa, cioè, che lo scorso 4 novembre ha portato in carcere Selahattin Demirtas, leader dell’Hdp, formazione progressista pro-curda e terzo partito in Parlamento. L’arresto di Demirtas è la naturale conseguenza dell’abolizione, mesi fa, dell’immunità parlamentare, un altro inutile orpello occidentale di cui il sultano ha ottenuto la revoca da parte di un Parlamento suicida. E poiché la Turchia di Atatürk è una ancora una repubblica parlamentare, Erdogan sta spingendo sul pedale delle riforme istituzionali per assumere poteri più consoni al ruolo di caudillo islamico che si è ritagliato. Dopo aver messo in carcere una dozzina di deputati pro-curdi – e decine di migliaia di funzionari pubblici di ogni ordine e grado – il presidente ha intavolato un negoziato con i nazionalisti dell’Mhp per modificare la Costituzione in senso presidenzialista e restare al comando con pieni poteri fino al 2029. Una prospettiva che fa tremare i polsi all’Occidente. L’Ue non vuole più accogliere Ankara nel suo seno, ma ne teme la reazione sotto forma di via libera all’emigrazione degli oltre 2,5 milioni di profughi siriani ospitati in Turchia. Sempre più difficili anche i rapporti con la Nato, il cui segretario generale Jens Stoltenberg ha appena ammesso che numerosi militari turchi distaccati presso l’Alleanza hanno chiesto asilo politico ai loro ospiti occidentali. La notizia ha trovato eco in Germania: nel 2015 le domande di asilo presentate da cittadini turchi erano state 1.767, ma nei primi dieci mesi del 2016 sono balzate a quota 4.437. Solo i mercati sembrano accorgersi che qualcosa non va: mentre Erdogan dal Pakistan ha ripetuto che l’Isis è una creazione occidentale, venerdì la lira turca toccava un minimo storico nel cambio col dollaro.

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