IL FILM “FUOCOAMMARE” DI GIANFRNACO ROSI

776

imagesQuando si parla del fenomeno migratorio la cosa forse più difficile oggi è restare sui dati di fatto e sulle analisi, senza farsi coinvolgere dalle politiche e dalle propagande spesso strumentali dei partiti. Da una parte, infatti, si assiste ai classici cliché che reclamano accoglienza incondizionata di tutto e tutti a prescindere, per poi voltarsi immancabilmente dall’altra parte quando si tratta di declinare realmente dei provvedimenti d’inserimento intelligente nella vita del tessuto sociale; dalla parte opposta si assiste invece talvolta a delle semplificazioni brutali che non considerano i riferimenti comunitari dell’immaginario popolare, per cui non sempre e non per forza le tradizioni devono essere alternative le une alle altre (basti pensare all’insegnamento sociale, non certo relativistico, e a vocazione universale, della Dottrina sociale della Chiesa riportato da ultimo nel Compendio). E’ interessante constatare invece come certi prodotti cinematografici a metà strada tra il film e il documentario riescano a centrare opportunamente la complessità del fenomeno con una descrizione dei fatti tendenzialmente asciutta, che rispetta i silenzi e i drammi dei protagonisti coinvolti, di un Paese come dell’altro.

È questo il caso di Fuocoammare, l’ultimo film di Gianfranco Rosi con il giovanissimo talento Samuele Picillo: le immagini sono delle onde che arrivano dritte al cuore e il vento di Sicilia conduce  le anime degli spettatori verso i paesaggi di una Lampedusa mai vista, da una parte terra di frontiera e di confronto di civiltà, dall’altra luogo selvatico e a tratti quasi incontaminato in mezzo al mare. Da quel ritorno alle origini, da quel primigenio rapporto con il contesto naturale, prende avvio la prospettiva di Rosi che approfondisce con semplicità la trama delle relazioni umane (a partire dalla registrazione sonora dei dialetti locali) e della vita di una famiglia siciliana di pescatori, con i suoi problemi e la sua quotidianità fatta di tanto lavoro in mare e ancora legata, in parte, al ritmo e ai climi delle stagioni dell’anno. Allo stesso tempo la visuale si allarga e con grande tatto e delicatezza affronta appunto, evitando luoghi comuni patetici e ridondanti, il dramma e la disperazione delle migliaia di immigrati africani e mediorientali (un universo ancora più complicato e stratificato, in cui si va dai nigeriani del Nord in fuga dall’islamizzazione dello Stato, passati per le terrificanti prigioni libiche, ai profughi siriani scappati dalla guerra civile, ai giovani eritrei pure in fuga da un regime tra i più liberticidi del mondo a tanti e tanti altri ancora), che con disperazione e talvolta anche con coraggio compiono il viaggio della vita sul Mediterraneo, il viaggio della speranza. Si vedono quindi due Sicilie: quella locale dell’entroterra che porta avanti con silenzio e con dignità, seppur in estrema povertà, la vita di sempre, e quella più nota sui mezzi di comunicazione sociale con la guardia costiera e le forze dell’ordine in prima linea a fronteggiare l’emergenza degli sbarchi in una catena di soccorso composita, che vede praticamente la partecipazione dell’intera rete istituzionale presente sul territorio (dalla Marina che compie i primi interventi in mare aperto ai vigili del fuoco ai carabinieri ai medici e agli infermieri e alle strutture sanitarie).

Come detto, più che da riassumere il film è tutto da guardare, nel senso che non si raccontano storie ma biografie umane, prive di premesse come di conclusioni, che non possono non interrogare lo spettatore se non altro perché non sempre c’è una soluzione già pronta da utilizzare, qui e ora. La fotografia è allora un reportage – non a tesi – di situazioni drammatiche e persino tragiche che per il piccolo popolo di Lampedusa rappresentano ormai la quotidianità, senza che questo – naturalmente – voglia dire abituarcisi. Poi, certo, a monte ci sono questioni politiche di rilevanza internazionale che coinvolgono governi e autorità a livello continentale che non possono più essere ignorate. Ma non è questo in definitiva il tema del film: forse, anzi, può essere paradossalmente il primo passo per cominciare a guardarlo per quello che realmente è. Una crisi umanitaria di dimensioni bibliche che coinvolge migliaia e migliaia di persone da una parte all’altra del Mediterraneo.

                                                                                   Omar Ebrahime – David Taglieri

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui