L’ABORTO LEGALE UCCIDE TRE VOLTE (a cura del “Comitato Marcia per la Vita”)

677

Sindrome-Post-Aborto-300x225Pochi giorni fa, a Napoli, una ragazza di diciannove anni è morta a causa dell’aborto. Si chiamava Gabriella.

Il nome del bimbo o della bimba parimenti ucciso/a non lo sapremo mai. Il suo destino del resto era segnato e per i giornali questa creatura nemmeno esiste: il fatto è trattato come un episodio di malasanità. Si tratta invece di ben di più…

La tragedia di Napoli alza il velo su una delle più grandi ipocrisie che proteggono la legge iniqua 194/78: che l’aborto legale, effettuato negli stessi edifici pubblici nei quali si curano le malattie, è sicuro, privo di rischi: il problema – si dice – è quando le donne ricorrono alle mammane e ad altri canali illegali: per salvare le donne morte a causa degli aborti clandestini (dei bambini non importa nulla, beninteso) era necessario legalizzare l’uccisione degli innocenti, ribattezzandola eufemisticamente «Interruzione Volontaria di Gravidanza».

Ora, dopo decenni di morti per aborto negli ospedali pubblici – per interventi a carico del contribuente – sappiamo che tutto questo è una pura menzogna.

L’aborto uccide, e uccide materialmente due volte.

L’aborto uccide perché è contro la vita, è contro l’ordine naturale e divino.

L’aborto uccide la donna perché la mutila di una delle sue funzioni più sacre, la maternità.

L’aborto uccide la donna perché ne sconvolge il corpo, e – in quel fenomeno ricorrente che oramai la psicologia riconosce come «sindrome post-aborto» – ne devasta la psiche.

E non è solo l’aborto chirurgico a uccidere. È dell’anno scorso il caso della donna di Torino morta in seguito alla somministrazione della pillola abortiva RU486.

Anche lì, vi furono due vittime – lei e suo figlio – assassinate da una «medicina» divenuta barbarie: non più cura della persona (come da giuramento di Ippocrate), ma selvaggia applicazione della volontà più aberrante e mortifera.

L’aborto distrugge la donna perché distrugge la Vita di cui la donna è custode e di questa ferita si muore.

Lo Stato oggi non sente questo grido, anzi lavora per una liberalizzazione sempre più estrema della morte legale, in un cupio dissolvi che pare inarrestabile.

Allo Stato, oggi, non interessa la procreazione, non interessa il suo stesso futuro.

Invochiamo quindi un nuovo corso della politica, della medicina, della società tutta, vogliamo risvegliare la sensibilità per la vita e sollecitarne un sacro rispetto.

Solo così eviteremo il suicidio della nostra civiltà, che è arrivata al punto – di non ritorno – di legittimare e finanziare l’uccisione di donne e bambini. Come Gabriella, come suo figlio.

Per ricordare anche loro, marcia con noi il prossimo 8 maggio 2016, a Roma. Fa sentire la tua voce contro questa tenebra che, per quanto fitta, non è invincibile. Marcia con noi e aiutaci a diffondere l’iniziativa.

Per la Vita, senza compromessi!

Il Comitato Marcia per la Vita

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui