LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO (recensione a cura di David Taglieri)

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lettera a un bambino mai nato per blogOriana, che donna! Nel corso della sua esistenza è riuscita a coniugare femminilità e sensibilità femminile, concretezza nel modo di agire e di pensare, e ci ha commosso con pennellate di vita su fogli di carta, sempre contestualizzati nella sua Toscana, con il coraggio della passione e l’amore per la ricerca della verità.

Oriana Fallaci era certamente consapevole di non possedere la verità, ma non amava quelli che mettevano in discussione tutto senza proporre nulla di costruttivo: i distruttori, nemici della vita e di quel misurato ottimismo che dovrebbe governare tutte le attività quotidiane.

La scrittrice fiorentina ci ha insegnato come sia possibile trasferire dolore, ferite e lacrime nelle pagine; un dolore che quando vissuto appare angosciante e solo negativo, ma che nel flusso vitale può temprarci, maturarci e farci crescere.

Quanta poesia si fa prosa in “Lettera ad un Bambino mai nato” (pagg. 101, Edizioni Bur, 1997); qui l’Oriana nazionale ci rende partecipi di una sua sconfitta personale, senza falsi moralismi o romanticismi artefatti, ma con la sapienza di chi è passata attraverso il dolore. Dentro il dolore, per la perdita di un’esistenza che era dentro di lei, e che ha portato via una parte della sua persona.

Il rapporto con la maternità, gli interrogativi, le analisi intorno al concetto di vita, quando realmente inizia e perché tanti decidono di porvi un termine.

Il battito del cuore, le ali dell’anima, il cervello di una decisione, tutti elementi che fanno della Lettera una riflessione che si fa confidenza con i lettori, ma anche sfogo con la propria limitatezza e imperfezione umana.

Le pagine scorrono semplicemente, ma imprimono un senso di determinazione, di rabbia, di volontà di comprensione; c’è tutta la grinta della giornalista toscana che comunica al mondo la sua inadeguatezza di fronte alla sofferenza. Senza dimenticare, però, che quella sofferenza fa parte della vita.

Quella sofferenza può migliorarci e farci entrare nella logica di una gioia autentica, la gioia che può conoscere solo chi ha sperimentato privazione e sacrificio.

La Fallaci stupisce sempre più, pagina dopo pagina, con le sue scorribande fra pensieri e ricordi di vita vissuta, la gioventù delle scelte e della ribellione, il suo orgoglio di essere libera, la rabbia di non riuscire a creare un mondo in armonia con le proprie ambizioni, la proiezione di un figlio che non sarà, e che invece potrebbe essere stato un suo prolungamento.

Cosa vuol dire non essere stata madre? Da quella decisione cosa è scaturito e cosa potrebbe essere stato diversamente da quel che invece è stato?

Tutti interrogativi che la scrittrice tenta di risolvere fornendo un quadro psicologico di dramma e profondità. Che non fa però mai perdere la speranza, quella malinconica eppur positiva speranza che anima tutte le pagine levigate e ammaestrate dalla penna dirompente e colorata della giornalista fiorentina.

È un monologo che mette la Fallaci di fronte al quesito della responsabilità, di quella responsabilità che anima e determina allo stesso tempo una scelta. Che vuol dire nascere? Se la madre decide per il no, che ne sa di cosa quell’essere nel grembo avrebbe voluto? La libertà nella maternità, la verità della vita: la Fallaci coglie il tema vitale fantasticando su un rapporto mai esistito, ma che nella sua mente vive ogni giorno.

Un bel dono sotto l’albero, un amarcord che non delude mai, anche da rileggere più volte, che spiega il senso della maternità che è in ogni donna.

2 Commenti

  1. Ho sempre sentito parlare di questo libro, ma per dimenticanza o sottovalutazione ho sempre trascurato. La tua recensione ha invece acceso un nuovo e profondo interesse, perché chiara e illuminante. Ti ringrazio per questo e me ne farò sicuramente dono.

  2. La tua recensione mi aveva avvinto e convinto. Ho appena finito di leggere questo libro di poche pagine, ma denso, oltre le righe stampate, dell’ eterno interrogativo della nostra esistenza che rimarrà sempre un punto interrogativo senza mai trasformarsi in un punto esclamativo, per usare le sue stesse parole della Fallaci. Uomo e donna non sono che due facce della stessa medaglia che è, è stata e sarà spesa per svelare un mistero impalpabile e sfuggente e che la mente moltiplica in mille diverse possibilità, tutte vere e opposte.E’ una traccia profonda che lascia nel lettore, insieme inquietante ed attraente. Sono contento di non averlo acquistato prima e di averlo potuto assaporare in questa età, quando gli impegni produttivi sono diventati un ricordo e lo spazio ad un intima riflessione si è dilatato.

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