NELLE PIEGHE DELLA STORIA: “FRATE GIACOMINA” (di Claudio Tescari)

711
Jacopa dei Settesoli

Il territorio di Roma, delimitato dai 18 chilometri delle Mura Aureliane, nei secoli successivi all’anno Mille, era scarsamente popolato. Le aree abitate erano suddivise in zone di influenza delle varie famiglie nobili.

Gli Anguillara avevano il dominio sul Trastevere. I Pierleoni occupavano l’Isola Tiberina e controllavano i ponti e le sponde vicine. La famiglia Savelli adattò a fortezza il Teatro di Marcello e si costruì un castello sull’Aventino (l’attuale Parco degli Aranci). Gli Annibaldi fortificarono il Colosseo.

I Colonna dominavano nella zona della Via Lata (oggi Via del Corso) dai Santi Apostoli all’Augusteo. Gli Orsini erano asserragliati in diverse case-torri nell’area tra Piazza Navona ed il Tevere. La famiglia Normanni occupava il Campidoglio mentre i Frangipane estendevano i loro possedimenti dal Foro Romano, al Palatino, fino al Circo Massimo.

Come le famiglie della nobiltà feudale, i Baroni romani suggellavano le loro alleanze con i matrimoni e così Jacopa dei Normanni (nata all’incirca nel 1165 e morta nel 1239) andò sposa a Graziano dei Frangipane. Per certo sappiamo solo che il matrimonio non fu lungo, perché di Jacopa (o Giacoma) sappiamo che rimase vedova ancor giovane. Le proprietà del marito rimasero in gestione alla vedova ed erano un gruppo di case ed una torre, erette sulle rovine del Circo Massimo, vicino alle rovine del Settizonio, l’edificio fatto costruire da Settimio Severo e noto nel Medio Evo come Settesoli.

Ancora oggi vediamo, all’interno del Circo, la Torre della Moletta, che è ciò che rimane di questo mini-villaggio, dopo gli abbattimenti del 1934. Il nome deriva dal piccolo mulino ad acqua che era mosso da un ruscello, detto la Marana, che scorreva verso il Tevere dalla zona di Porta San Giovanni.

In queste casupole ed in questa torre trovarono ospitalità San Francesco con i suoi compagni, durante i primi soggiorni romani, forse già nel 1212, sicuramente dal 1219. Il Poverello d’Assisi, di 17 anni più giovane, si affezionò alla nobildonna, tanto da accoglierla nella sua Fraternità col nome di Frate Giacomina. Costei gli fece assaggiare alcuni suoi dolcetti a base di farina, mandorle e miele, d’un tipo simile ai mostaccioli, che il Santo mostrò di apprezzare. Partendo, San Francesco affidò a Giacoma de Settesoli, come allora era chiamata, un agnello a cui si era affezionato e che lo strano “frate” tenne con grande cura.

Quando ad Assisi, appena quarantaseienne, San Francesco sentì vicina “Sorella Morte”, si fece portare nella cappellina della Porziuncola e mandò a chiamare Frate Giacomina, chiedendole di portargli qualcuno dei suoi dolcetti. L’anziana nobildonna giunse da Roma appena in tempo per esaudire la richiesta del Santo ed ebbe il privilegio di assistere al suo trapasso e di chiudergli gli occhi. Giacoma dei Sottesoli non lasciò più Assisi e – da bravo frate –  si dedicò ad opere di carità fino alla morte. Le sue ossa riposano nelle fondamenta della Basilica ed una lapide la ricorda nella cripta dove sono custodite le reliquie del Poverello d’Assisi, unica donna tra i compagni di San Francesco celebrati in quel sacro luogo.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui