PAOLA TURCI (di David Taglieri)

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Paola Turci è una cantautrice nel panorama italiano – spesso sottovalutata – che riesce a conciliare la determinazione e la femminilità, e a tracciare un percorso di introspezione interiore attraverso le sue canzoni. Con una forma semplice e un linguaggio immediato è in grado di far arrivare dritto al cuore concetti, pensieri, e profondità che rappresentano gemme preziose in un momento come quello attuale, dominato dalla coazione a ripetere, dal rumore e dalla iperattività insensata.

Esordisce al festival di Sanremo nel 1986. Nel 1990 alla quinta partecipazione si esibisce con il brano ‘Ringrazio Dio’, una ricerca appassionata e sofferta verso l’Infinito, un momento cruciale e fondamentale per la vita di un’artista che non crea arte fine a se stessa ma per anelare alla Verità e alla bellezza. Emerge dal suo modo di cantare e di scrivere un’energia che diviene un dono per chi la ascolta, riuscendo a portare avanti di pari passo tematiche legate al proprio vissuto interiore ed emotivo e interrogativi che con umiltà e passione possono e devono essere affrontati.

Nell’agosto del 1993 è vittima di un incidente e riporta gravi ferite: un evento che la segna profondamente nella sfera intima e che le fa riconsiderare ancora di più il senso della presenza sulla terra. Dopo le cure mediche, ha ripreso i suoi impegni professionali ma ha modificato il suo approccio con se stessa, con gli altri e con il pianeta che le gira intorno, perché ha compreso che ad un certo momento del suo percorso esistenziale stava scattando in lei un inconscio senso di onnipotenza, che in realtà da esseri umani non ci appartiene.

Come ha scritto nel libro “Mi amerò lo stesso”, “… l’incidente mi ha segnato corpo cuore ed anima, ha sfigurato il corpo, mi ha rotto il cuore, ma ha salvato la mia anima”. Pagine di vita nella ben impaginata opportunità di immergersi in nuove occasioni più ragionate e accompagnate dalla maturità profonda di chi ha visto la morte in faccia. Sicuramente la Turci riconosce un confine fra un momento precedente ed una fase successiva; i tragici giorni successivi al brutto evento hanno cambiato il suo modo di percepire l’esistente e l’hanno coinvolta in un sentiero di interrogativi, riflessioni e note che risuonano dall’anima.

Ricorda il momento nel quale capovolta nella macchina ha metaforicamente, ma realmente, ribaltato la sua maniera di vedere e pensare le situazioni della vita di tutti i giorni, ridendo addirittura felicemente – e le fa onore in un momento così drammatico – delle paure precedenti e delle aspettative e comodità effimere ed inconsistenti.

Nonostante la ricerca di Dio, prima di allora Paola Turci era atea; dopo l’episodio ha deciso di andare a Lourdes dietro consiglio prezioso di un’amica che le ha fatto conoscere questo luogo, e da allora seppur scettica ha iniziato un viaggio per un approfondimento di carattere antropologico e per tentare di guardare il mondo attraverso un’ottica che riuscisse a superare la fisicità e la materialità. Lì ha iniziato a sentire qualcosa di speciale, bagnandosi con l’acqua, ed oggi la fede l’accompagna.

La cantautrice romana non nasconde che nella sua vita precedente le sia mancata una cultura ed una formazione religiosa, anche se la luce che l’attraeva inizialmente era mascherata da invidia per la serenità dei credenti; successivamente si è trasformata in un risveglio dal letargo materialista. Pian piano la scarsa convinzione si è trasformata in un angelo con le ali che le avrà cantato come lei stessa scriveva anni fa: “Vola così”.

In seguito all’incidente è rimasta ceca temporaneamente. Durante quel momento di buio interiore ed esteriore ha appreso la storia di san Paolo, e chiamandosi Paola, ha fantasticato per analogie, similitudini che l’hanno portata a dire: “Ora credo”.

A Sanremo 2017 ha avuto la possibilità di esprimere attraverso un brano autobiografico il suo abbraccio alla vita con la canzone “Fatti bella per te”. Questo è un inno al sano amore per se stessi, premessa per un disco che riflette sulla maturità di un’esistenza caratterizzata da soddisfazioni e dolori. La scrittura del libro ha contribuito al superamento delle paranoie e delle paure, convogliandole verso le idee, la ricerca, la voglia di affrontare gli ostacoli e i problemi che ci si pongono davanti.

Il secondo cuore, suo ultimo album, è un luogo non luogo, è la musica, che mette in contatto Paola con l’ispirazione, con la parte più intima di sé che cerca l’essenza, un progetto più grande, un senso a tutte le cose. Anche da lì può rinascere una sensibilità artistica rinnovata, linfa vitale – come dicevamo all’inizio – per un’arte che sia davvero a servizio dell’uomo, per migliorarlo ed elevarlo.

Off line, il suo ultimo successo, parla dell’innocenza perduta quando ci si uniforma ed omologa a quello che ci viene imposto, un incentivo a staccare la connessione continua, a guardarsi dentro, a lottare contro le tendenze e le mode, che stanno cancellando il pensiero e l’analisi interiore. È fiera del suo volto che è raggiante, bello, affascinante, segnato certo dalle ferite del tempo e della sfortuna, ma fiero di mostrare la sua autenticità e le imperfezioni, proprio nel periodo della esaltazione della perfezione estetica.

E noi la troviamo bella davvero, con il fascino femminile di chi ha sofferto, perché pensiamo che siano molto più attraenti i segni sul viso, quelli che hanno spostato il suo cielo e che ora trasmettono luce ai suoi occhi.

Il cammino per i sentieri del mondo, il battito delle ali, la connessione con la parte più intima che dall’interno si ricongiunge verticalmente alla libertà e alla vastità del cielo… Lo dice lei stessa: “Ho capito che quel segno della croce è il punto in cui chiedevo di mirare”.

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