PUGACIOV IL COSACCO (di Claudio Tescari)

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Cosacchi

I sovrani russi erano definiti Imperatori e si fregiavano del titolo di Zar o meglio di Czar, che è la contrazione del latino Caesar (anche il titolo del germanico Kaiser ha la stessa radice). Nel 1762, salì al trono lo Zar Pietro III, un giovane nipote di Pietro I, il Grande, il cui nome originario era Carlo Pietro Ulrico, Duca di Holstein, nato e cresciuto in Germania. Pietro era un grande ammiratore del re di Prussia Federico II, al punto di far adottare le divise dell’esercito prussiano ad un reggimento russo di cui lui stesso curava la disciplina e l’istruzione militare, con l’aiuto di ufficiali prussiani. Fisicamente era gracile, magro, con le spalle strette, deturpato dal vaiolo. Inoltre era di religione luterana e parlava quasi esclusivamente in tedesco. A San Pietroburgo, nell’estate del 1745, Pietro sposa la bella Sofia Federica di Anhalt-Zerbst, ribattezzata con rito Ortodosso col nome di Caterina. Ed è col nome di Caterina II, la grande Imperatrice, che passerà alla storia. Il matrimonio non venne consumato per otto anni e si dovette attendere lo sbocciare dell’amore per Sergio Saltikov, affinché Caterina partorisse, nel 1754, l’erede necessario alla prosecuzione della dinastia dei Romanov. Il giorno di Natale del 1761, muore l’imperatrice Elisabetta, zia di Pietro, che ne eredita il trono come previsto. Ma il suo regno durò solo sei mesi. Costretto ad abdicare dalla moglie, è incarcerato e muore in circostanze misteriose, ufficialmente di malattia. E’ da notare che -non a caso- l’incarico di custodire in cella l’Imperatore era stato affidato ad Alessio Orlov, fratello dell’ennesimo amante di Caterina. La scomparsa di Pietro dette inizio ad un fiorire di fantasiosi racconti popolari che divennero leggenda in ogni parte degli immensi territori russi. Nel corso del decennio successivo, diversi personaggi si spacciarono per lo zar Pietro III, miracolosamente sfuggito agli assassini inviati dalla zarina: Aslanbekov, Bogolomov, Evdokinov, Kremenev e Pugaciov.

Quest’ultimo era un cosacco del Don ed il suo nome completo era Emel’jan Ivanovic Pugacev. Nato nel 1740 e sposato nel 1758 con Sofija Nedjuzeva, aveva partecipato alla guerra dei Sette anni e nella prima guerra Russo-Turca. Fece carriera come sottufficiale e fu congedato per l’invalidità derivante dalle ferite ricevute in battaglia. Ovviamente non somigliava per nulla al defunto Zar, dato che era tarchiato, robusto, con una gran barba nera, parlava solo il russo e non conosceva che qualche parola di tedesco. Inoltre, era analfabeta come la gran parte dei suoi contemporanei. Sfruttando il malcontento della popolazione contadina oppressa dalle tasse di guerra e l’insofferenza al potere centrale dei cavalieri cosacchi stanziati nelle steppe tra i monti Urali ed il Mar Caspio, Pugaciov scatenò una guerra civile contro la zarina e la sua corte, facendo credere che lui era lo zar Pietro e che era tornato per affrancare i servi della gleba e per donare ai Cosacchi la sospirata autonomia. Era il mese di ottobre del 1773. In breve tempo raccolse un esercito di alcune decine di migliaia di uomini, male armati, male equipaggiati ma forti della propria rabbia. Aderirono alla rivolta anche buona parte dei minatori negli Urali e degli operai nelle fabbriche di armi, tribù di Tatari, Baskiri, Kirghisi e Ciuvasci, indifferentemente Cristiani ortodossi e Musulmani. Grazie all’esperienza di sottufficiale seppe dare un’efficiente organizzazione militare alla sua armata, simile a quella dell’esercito russo e si avvalse anche di briganti per istruire i contadini all’uso delle armi. Con l’aiuto di Pope e di Mullah, scrisse proclami firmandoli in nome dello zar Pietro e li fece leggere nei villaggi, nei paesi ed in tutte le città della Russia sud meridionale. Dopo aver suddiviso le sue forze le indirizzò verso obiettivi diversi, per dare inizio alla conquista del territorio lungo il fiume Zaik (oggi rinominato Ural). Pugaciov stabilisce taglie sui nobili: cento rubli per ogni nobile ucciso o per ciascun castello conquistato. Per chi ne uccide dieci e saccheggia dieci tra case e castelli, oltre ai mille rubli, spetterà il grado di generale. La situazione precipita: le guarnigioni delle fortezze sono inadeguate alla difesa, i più fedeli servitori dei nobili proprietari terrieri fuggono, abbandonandoli al loro destino. Ha quindi inizio un massacro indiscriminato di uomini, donne e fanciulli, violenze, stupri, nobili sgozzati, mutilati, scorticati, bruciati vivi. La città di Orenburg venne stretta d’assedio; quella di Kazan fu conquistata d’assalto, l’esercito inviato da Caterina II non risultò adeguato per contrastare efficacemente gli insorti. La Zarina allora sostituisce i generali di questa armata: si succedono Karr, Bibikov, Scerbatov, ma l’esercito di Pugaciov non viene sconfitto.

Solo con la firma dell’armistizio con l’impero Turco, nel luglio 1774, dopo sei anni di guerra, diviene possibile disporre di forze militari sufficienti a reprimere la rivolta cosacca. Il comando è affidato al generale Suvorov, artefice della sconfitta dei Turchi in varie battaglie, il quale muove le sue truppe per contrastare l’avanzata dei ribelli verso Mosca. Pugaciov non intende affrontare una esercito così numeroso ed esperto, quindi interrompe la sua marcia e ripiega verso le steppe del Volga e dello Zaik. La paura si impadronisce di molti ed iniziano le diserzioni dall’armata dei rivoltosi. Nel giro di poche settimane, Pugaciov si ritrova con solo una banda di briganti. Dopo uno scontro disastroso con i soldati del generale Michelson, nei pressi di Sarepta, gli stessi compagni di Pugaciov lo consegnano alle truppe zariste, in cambio della propria grazia. Il fiero cosacco fu incatenato, rinchiuso in una gabbia di ferro e condotto in giro per i territori che aveva messo a ferro e fuoco. Trasportato infine a Mosca subisce un processo durante il quale confessa tutte le sue colpe (la mistificazione, l’alto tradimento, le violenze); condannato allo squartamento e quindi alla decapitazione, riceve dall’Imperatrice un atto di clemenza: sarà prima decapitato e solo dopo squartato. E così fu, il 21 gennaio 1775, davanti ad una enorme folla, venuta ad assistere all’esecuzione, felice di poter tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. Molti compagni di Pugaciov sono impiccati, decapitati o squartati vivi. Ai più fortunati furono strappate le narici dopo una sanguinosa fustigazione e prima di essere inviati in carceri disumane od ai lavori forzati. Nelle campagne proseguì la repressione dei ribelli, spesso per opera degli stessi nobili e proprietari terrieri che erano sopravvissuti agli uomini di Pugaciov, quindi nel modo più spietato. La rivolta era stata domata. Caterina II aveva trionfato e ristabilito l’ordine sociale, ma per quanto? La storia ha fornito la risposta.

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