QUANDO MONTANELLI FU INGANNATO DALLA SINISTRA (recensione a cura di David Taglieri)

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La serie di saggi-quaderni pubblicati settimanalmente da il Giornale – ‘Edizioni Fuori dal coro’ è stata arricchita dal nuovo filone ‘Firme fuori dal coro’ che va a riproporre gli articoli più significativi dei grandi giornalisti che hanno vergato il quotidiano in anni difficili, con caratteri differenti, dove il minimo comun denominatore è sempre stato il combattimento contro il predominio del “politicamente corretto”.

Indro Montanelli e Mario Cervi – già prestigiose firme de il Giornale – oramai ci guardano da lassù, consapevoli di averci lasciato, qui sulla terra, delle bussole per affrontare la realtà.

Nella raccolta, attraverso la sequenziale lettura degli articoli, è messa bene in evidenza la disparità di vedute fra i due, nel momento in cui Indro lasciò il quotidiano di Milano; Cervi sottolinea come fra Berlusconi e Montanelli si creò una frattura insanabile ed incomprensibile, dal punto di vista professionale e personale. Montanelli rimase sempre un liberal conservatore e affittò la casa politica a sinistra semplicemente per opposizione al Cavaliere, ma senza sostanziate ragioni di carattere politico.

Scorrendo le pagine trapela chiaramente come nel mondo della carta stampata di sinistra ci siano stati soggetti che abbiano buttato molta benzina sul fuoco al fine di portarsi un fuoriclasse in squadra, fino a ieri avversato, dileggiato ed insolentito.

Cervi in tanti articoli mette in guardia Indro Montanelli dai falsi amici di sinistra, ma il toscano pur mantenendo stima, rispetto ed amicizia, mai ascoltò i consigli di quello che fu per molto tempo il suo braccio destro, almeno in questa questione particolare che riguardava Berlusconi. È come se il Direttore si fosse legato al dito qualche atteggiamento, qualche comportamento o forse una semplice parola: come quei fraintendimenti non detti che rovinano i rapporti umani.

In un estratto molto interessante e curioso del 16 dicembre 2008 viene descritta l’affascinante ma intermittente vita della redazione, a volta caratterizzata anche da forte stress, tensione ed emotività; in questo contesto, dice Mario Cervi, servono delle piccole isole di rilassamento e diversivi; diversivi che potevano anche parlare in tedesco, infatti alle 18 c’era l’imperdibile appuntamento con l’ispettore Derrik: i due ne andavano matti,  e capitava che anche lì, talvolta, non si trovassero  d’accordo.

In un articolo del 30 marzo 2009 Cervi accoglie con sollievo, soddisfazione ed entusiasmo la pubblicazione dei diari di Montanelli per Rizzoli: “I conti con me stesso”.

Da quei passaggi emerge l’Indro d’annata, senza il filtro nei confronti di chi, dopo la morte, per motivi ideologici ne ha deformato il carattere, l’indole, i pensieri e l’agire etico politico. Appena la sinistra assoldò Montanelli ne fece un monumento, e dopo la morte un paladino del progresso.

Con la sagace penna del vicedirettore prima e poi di direttore tornano alla mente i fuochi antichi e micidiali, legittimi e sacrosanti, di Indro contro il mondo letterario e salottiero che già gli creava ribrezzo quando era al Corriere della Sera, e che lo ricambiò con odio, livore e aggressività quando successivamente fondò il Giornale. Qui apprende che in due salotti milanesi – di Inge Feltrinelli e Gae Aulenti -, si brindò per l’attentato terroristico che aveva subito, deplorando il fatto che se la fosse cavata…

È bello venire a conoscenza del Montanelli direttore non soltanto attraverso i suoi articoli e gli splendidi editoriali, ma anche per mezzo del dipinto dei ricordi, della quotidianità, degli aneddoti di chi ha collaborato con lui a stretto contatto, nonostante ci fosse fra i due – Montanelli e Cervi – un piccolo ma grande problema: la visione del Berlusconi politico, un salto politico temporale che li ha professionalmente divisi, ma non li ha umanamente distanziati.

Perché l’amicizia va oltre.

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