RATZINGER IL RIVOLUZIONARIO INCOMPRESO (recensione a cura di David Taglieri)

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Continua lo spazio dedicato ai piccoli ma intensi saggi della cultura controcorrente.

Una delle mode più diffuse dell’era 2.0 è stata quella di contrapporre la figura di Benedetto XVI, fine teologo, filosofo, intellettuale e grande pontefice, alla figura di altri pontefici, come Giovanni Paolo II, di cui lo stesso Benedetto era l’uomo fidato e braccio destro, e Papa Francesco, suo successore.

Francesco Boezi, che è collaboratore de il Giornale, dove si occupa di un blog dedicato ai mali della scuola italiana, in tal senso fa riflettere.

Il suo saggio che presentiamo – Ratzinger il rivoluzionario incompreso – è interessante perché colpisce nel segno, ovvero riesce a intercettare sapientemente il ruolo nella storia del Papa tedesco, evidenziandone la nettezza di argomentazioni, la dolcezza talvolta nascosta dai media (che traducevano linguisticamente la mitezza in freddezza), e la sua grande maturità, in un’epoca nella quale nessuno si dimette e nessuno è in grado di riconoscere i propri limiti. Lo ha fatto un uomo che di grandezza spirituale, di spessore culturale e di esperienza certamente ne ha e ne ha avuta tanta.

Per Boezi il gesto di Benedetto XVI è stato rivoluzionario e noi diremmo ancor di più controrivoluzionario. Papa Ratzinger infatti ha rinunciato al potere, ad un ruolo prestigioso, e ha deciso di farlo per sempre. Innanzitutto è arrivato nel momento giusto, il periodo 2.0 quello del nichilismo, del dio consumo e denaro e dell’ideologia del tutto è permesso, tutto è discutibile, la verità non esiste.

Pur dialogando, Ratzinger ha dimostrato la matematica della sua filosofia e della sua teologia, non cedendo mai sul fatto che il cielo è azzurro come direbbe Chesterton e che due più due non fa e non farà mai e poi mai cinque.

Il 24 marzo 2007, alla vigilia del cinquantesimo anniversario dei trattati istitutivi dell’Unione Europea, il Papa emerito sottolineava la distanza del continente istituzionale e burocratico dall’orizzonte della cittadinanza, quella vera, delle comunità e delle famiglie, quella della Politica con la p maiuscola, dell’etica e della prepolitica, ovvero tutti quei valori invisibili ma ispirati alla verità che dovrebbero sorreggere le fondamenta comunitarie.

Anche sull’economia il Papa tedesco è stato un innovatore, scardinando la denuncia sic et simpliciter dell’economia, condannato a mero sistema di grafici e di numeri. Il ragionamento deve ripartire per considerare questa disciplina come un mezzo e non come uno scopo, elemento che l’ha condannata ad essere dominata da pescecani finanziari.

In piena crisi economica il Papa ha tentato di stigmatizzare e ribaltare la finanziarizzazione dell’economia, che il mondo mondano ha elevato a dio sacrificando le esigenze dell’uomo contemporaneo, divenuto pedina da conquistare attraverso la pubblicità e per mezzo di bisogni indotti, creati ad arte dalle multinazionali per sottrarre il genere umano alla cultura, allo studio e alla bellezza.

Per questo ci ha parlato dell’economia del dono, della rivoluzione antropologica che deve rilanciare la centralità della persona in un’ottica comunitaria. L’egoismo economico porta denaro, ma anche profonda scontentezza perché solo nei riferimenti vi è un avvicinamento alla gioia totale, ed i riferimenti orizzontalmente sono la famiglia, la comunità gli affetti e le amicizie. Verticalmente il rapporto con il Padre. Più semplicemente: che fare dei soldi se non si ha nessuno con cui condividerli o se si spendono verso obiettivi dettati dalla società dei bisogni indotti, che poi non sono i nostri?

Boezi nel suo saggio sottolinea bene la preoccupazione di Ratzinger nel constatare di vivere nell’epoca nella quale tutto è tollerato, ma proprio la verità va eliminata. E siccome il relativismo è furbo e non può mostrarsi illiberale, deve dimostrare che esiste una contro-verità apparentemente più attraente e più fuorviante. Il pontefice tedesco ci ha aperto gli occhi su una malattia devastante per il genere moderno: quella dell’accettazione, dell’indifferenza, dell’infinita scelta, che non è una scelta quando non si ha più la possibilità nella quantità di valutare la qualità. Ha lottato per rivendicare la matematica e la scientificità dei termini padre e madre. E lo ha fatto con determinazione ed umiltà.

Boezi in un piccolo saggio è riuscito a fotografare la giusta battaglia per il Bene e per la vita di Papa Benedetto. Consigliamo vivamente di richiederlo in edicola, per renderci conto della potenza del messaggio ratzingeriano e per leggere una proposta del giornalista che sarebbe stata molto interessante, se realizzata. Quale? Non ve lo sveliamo…

Fuori dal Coro, iniziativa de il Giornale, ha il merito di mettere in luce giovani autori che con una fotografia, in questo caso quella del Papa emerito, ci trasmettono ancora la voglia di lottare per qualcosa, e se quella cosa si chiama Bene, antitesi del politicamente corretto, la battaglia al nichilismo imperante diventa ancor più stimolante.

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