35 d.C.: AL SENATO DI ROMA SI DISCUTE SULLA RISURREZIONE DI CRISTO

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Il cosiddetto “editto di Milano” del 313 d.C. per la prima volta riconosce -nell’allora Impero romano- il principio della libertà di coscienza in materia di religione; ma, a differenza del pensiero moderno e relativista, identifica l’elemento fondamentale della libertà di coscienza in un diritto della Divinità: diritto a ricevere culto secondo la propria volontà. Per lo Stato romano (ma anche per quello pagano), è infatti scontato il principio secondo cui la sopravvivenza e la prosperità della società civile dipendano  dalla pax deorum, e cioè dal beneplacito degli dei.

Tale concezione religiosa e politica (cui consegue un relativo impianto legislativo), è ripresa e descritta nel libro “Il Cristianesimo nelle leggi di Roma imperiale” (a cura di Alberto Barzanò, Edizioni Paoline, Milano, 1996, pagg. 415).

Vi leggiamo: “E’ proprio dal nucleo più profondo dell’Etrusca disciplina che deriva ai Romani l’idea di pax deorum, ovverossia la convinzione che gli uomini fossero radicalmente dipendenti dagli dèi e che, quindi, non solo la prosperità, ma la sopravvivenza stessa dello Stato dipendesse dalla sua capacità di mantenere con essi un buon rapporto.”

Anche il diritto, dunque, era piegato a tale ottica, stabilendo, per quanti avessero infranto la sfera con il divino, pene che apparivano non sproporzionate, essendo destinate a colpire reati che si configuravano come veri e propri attentati contro la pace e la sicurezza dello Stato. Situazione diametralmente opposta a quel che accade oggi, con legislatori, media e opinionisti che fanno a gara nello screditare il Sacro, eccezion fatta per l’Islam (anche perché lì non si scherza!).

Al tempo dei Romani, dunque, il rapporto col divino era senza dubbio un affare di Stato, sottoposto al controllo delle autorità di governo: questo spiega perché dell’annuncio del messaggio cristiano e della sua diffusione si trovi ampia documentazione nella legislazione dell’Impero. Alla base del politeismo romano, infatti, accanto alla scrupolosa attenzione rivolta al culto degli dèi patrii, ci fu sempre un atteggiamento di rispettosa precauzione nei confronti dei diritti di eventuali altre divinità non note, diritti la cui lesione, anche del tutto involontaria, avrebbe portato alla rottura della “pax deorum”, mettendo quindi in pericolo la sopravvivenza dello Stato romano. Perciò l’apparire di nuovi culti, fra cui quello cristiano, fu vissuto con attenzione e rispetto.

E ciò a partire dai primissimi anni dell’esperienza cristiana, addirittura all’indomani dell’evento degli eventi: la passione, la morte e la risurrezione di Cristo.

Proprio la straordinaria vicenda della risurrezione dai morti, infatti, fu oggetto di un dettagliato rapporto che Pilato dovette inviare a Roma. Ne è traccia –sia pure indiretta- nel rescritto di Tiberio, del 35 d.C., con cui l’Imperatore chiedeva al Senato romano di approvare come “licita” la nuova religione, rivendicando l’attribuzione della natura divina al Risorto. Il Senato, scrive Barzanò, di fatto negò tale autorizzazione, ma solo per sottolineare la propria autonomia dall’Imperatore e le proprie prerogative in materia. Il senatoconsulto del 35 d.C., e cioè la Credit union online risposta del Senato all’Imperatore sulla questione del Risorto e dei suoi seguaci, è misconosciuto da molti studiosi moderni, che ne hanno temuto gli eventuali effetti apologetici. Ma, scrive l’Autore, costituiscono prova della sua esistenza gli atti -sicuramente autentici- del processo celebrato sotto l’impero di Commodo (183-185) a carico del senatore cristiano Apollonio. Proprio da tali carte processuali risulta che il senatore-martire Apollonio fu mandato a morte “sulla scorta di un senatoconsulto”, il quale negava appunto al cristianesimo lo status di religio licita. Di fatto tale senatoconsulto, anche al di là delle successive nefandezze neroniane, costituisce un po’ l’iniziale pietra d’inciampo con cui dovranno purtroppo confrontarsi le successive generazioni di Cristiani. Nerone e altri imperatori che come lui si accanirono negli anni a venire contro i Cristiani, di volta in volta dilatarono la portata del senatoconsulto del 35, che di per sé, però, non stigmatizzava la persecuzione e la condanna dei Cristiani.

Il libro curato da Alberto Barzanò raccoglie dunque un’antologia dei principali interventi normativi in materia di legislazione cristiana, in un’alternanza di repressioni e tolleranza che comunque non impedì il diffondersi del messaggio pasquale in tutto l’Impero.

 

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