A CINA, IRAN E ARABIA SAUDITA IL TRISTE PRIMATO DELLE ESECUZIONI CAPITALI

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Nel Rapporto di Amnesty International diffuso oggi 16 maggio sull’uso della pena di morte relativamente all’anno 2022 si precisa, fra l’altro, che la Cina nemmeno viene considerata. E infatti “… Amnesty International riporta esclusivamente esecuzioni, condanne a morte e altri aspetti legati all’uso della pena di morte, come commutazioni o proscioglimenti, di cui ci sia ragionevole certezza.

In molti paesi i governi non rendono pubbliche le informazioni riguardanti l’uso della pena capitale. In Cina e Vietnam i dati sull’uso della pena di morte sono classificati come segreto di stato, mentre poche informazioni o nessuna sono disponibili in altri Paesi a causa di restrizioni da parte degli Stati.

Pertanto, per molti Paesi, i numeri di Amnesty International sono da considerare per difetto. Quelli reali sono molto probabilmente più alti.

Dal 2009 Amnesty International ha smesso di pubblicare le stime sull’uso della pena di morte in Cina. Questa decisione è un effetto delle preoccupazioni su come le autorità cinesi abbiano distorto il numero stimato da Amnesty International.

Amnesty International ha sempre chiarito che i dati che è in grado di confermare sulla Cina sono significativamente inferiori a quelli reali, a causa delle restrizioni alle informazioni. La Cina non pubblica dati sulla pena di morte; da quelli disponibili, tuttavia, emerge che ogni anno avvengono migliaia di esecuzioni e condanne a morte. Amnesty International rinnova l’invito alle autorità cinesi a rendere di pubblico dominio i dati sull’impiego della pena capitale.”.

Il triste primato della Cina è seguito da Iran e Arabia Saudita: “L’Arabia Saudita ha incredibilmente messo a morte 81 prigionieri in un solo giorno. Nella seconda parte dell’anno, nel disperato tentativo di stroncare le proteste popolari, l’Iran ha messo a morte persone che avevano solo esercitato il loro diritto di protesta”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.