Spesso è stato frainteso, non si è approfondito abbastanza il suo messaggio evangelico e la fonte che sgorga dal pensiero gesuita; talvolta anche noi lo abbiamo criticato, con la mancanza dell’umiltà tutta terrena di chi sposa ideologie, si mette al di sopra delle parti, improvvisa giudizi avventati. Poi… abbiamo imparato a conoscerlo: abbiamo compreso la portata del passo di andare incontro a tutti, ragionando con tutti, tentando di spogliarsi da rituali e protocolli talvolta antiquati, spesso inefficaci, il più delle volte distanti. Sul tema della dottrina la continuità con Ratzinger sui valori non negoziabili è rimasta intatta, sono cambiate solo le modalità di comunicazione, l’empatia.
Benedetto era più un intellettuale, e nulla toglie che anche questo rappresenti un canale di trasmissione della fede.
In parte Francesco ha tentato di coniugare la vitalità di Giovanni Paolo II con l’analisi di Benedetto, semplificate e sintetizzate con un linguaggio semplice, comunque elegante, che arrivava dritto ai cuori e alle menti.
Forse è stato strumentalizzato da una parte e dall’altra, nell’esaltazione e nella critica. Ci fa specie leggere ed ascoltare pareri ed articoli di illustri giornalisti, che tuttavia – con le loro interpretazioni – si pongono al di sopra del vicario di Cristo.
L’obbedienza non è soltanto un cieco piegarsi con la cancellazione del pensiero; nel caso del Papa si trasforma invece nel riconoscimento dei limiti umani di fronte ad un Personaggio che ha saputo indicarci la strada sul tema dei valori sociali, nelle argomentazioni del lavoro, nel profondere il senso di comunità, riscoprendo l’Amore con la A maiuscola, l’amicizia, gli affetti, il guardarsi negli occhi.
Dialogo, non solo una vuota parola, ma cercare il bene ed il terreno comune di valori tentando di avvicinare genti e persone, eliminando formule talora incomprensibili e soprattutto il giudizio di coloro che credono di possedere sapienza e virtù.
Anche quando fu strumentalizzato sull’inferno “vuoto”, in realtà chiarì che quello sarebbe stato il suo desiderio; ma da uomo limitato in carne ed ossa si rendeva conto che i piani erano e potevano essere differenti. Il Papa che riconosceva il senso del limite per molti fu bestemmia.
Un carattere fumantino e netto, incisivo e diretto, con chiarezza ribadiva il senso profondo del Vangelo, dalla parte dei vinti, dei soli, dei dimenticati, dei poveri. Nella sua indole argentina talvolta correva nei concetti e nelle definizioni e non tutti di primo approccio siamo stati in grado di intercettarlo.
Nella povertà racchiudeva non soltanto l’economia ma le periferie delle esistenze, sempre più spaesati da una società dominata dalla brama di denaro, sopraffazione, potere e misere glorie.
Sta di fatto che una fotografia lo sintetizza: quando rese chiara come l’acqua la dichiarazione sulla gentilezza, combinato disposto di umanità e calore. Le persone si guardano dall’alto in basso soltanto quando si aiutano a rialzarsi rischiando di cadere, solo e soltanto in questo caso. Una lezione per tanti politici, magistrati, coloro che abusano di poteri grandi e minimi nella vita di tutti i giorni, in tutti i settori e in tutto lo scibile della vita umana. Con una parentesi grande che il Santo Padre apriva per i drammi nel mondo del lavoro, sperando che tanti presunti manager e capi di azienda una volta tanto si mettessero una mano sulla coscienza. L’unico realmente a battersi per una pace mondiale che contenesse e si facesse contenere da una pace più grande: quella interiore.
A tutti noi Francesco ha indicato la strada per uscire dalle miserie esistenziali che attanagliano il genere umano, specie oggi che siamo di nuovo tutti un pò più soli.
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