BAMBINE-BOMBA, L’ULTIMA STRATEGIA DI BOKO HARAM

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Il gruppo islamico Boko Haram continua costantemente a sfruttare e a servirsi di bambini per pianificare e dar vita ai propri attacchi tramite ordigni esplosivi: e’ quanto si apprende da un rapporto dell’Unicef, secondo cui il numero di attentati realizzati dall’inizio dell’anno (2017) già supera il totale del 2016.

In base ai dati del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, almeno 117 attacchi sono stati eseguiti da minori nella regione del bacino del lago di Ciad dal 2014: e in circa l’80% dei casi le bombe venivano ancorate fisicamente ai corpi di bambine che in svariate situazioni erano sottoposte ad ogni tipo di droga, anche pesante, prima della missione. Attualmente il direttore regionale dell’Unicef per l’Africa centrale e occidentale, Marie-Pierre Poirier, ha affermato che la sola residenza o presenza di bambini vicino a mercati e posti di blocco sia un elemento allarmate che fa subito riflettere su presunti rapimenti e attività nefaste. Già lo scorso anno circa 1.500 bambini sono stati fermati tra Nigeria, Cameroon, Niger e Ciad. Vittime sottratte alla loro vita, alla loro infanzia, al gioco ed alla scuola.

In pratica tutte attività considerate banali e scontate nel mondo occidentale.

Per l’Unicef, l’incremento dell’uso dei bimbi mette in luce una strategia terrificante degli insorti islamisti. Tre anni dopo il rapimento di oltre 200 studentesse nel Chibok, il rapporto Unicef fornisce dei dati preoccupanti per i bambini che, una volta liberati dalle forze governative nigeriane, vengono poi osservati nel ritorno presso le proprie comunità. Spesso non si esprimono, non comunicano e non parlano, nutrendo la paura di essere giudicati, additati e stigmatizzati. Temono anche rappresaglie e vendette, chiarisce l’agenzia dell’Onu per la protezione dell’infanzia. Nel migliore dei casi crescono con gravi turbe psicologiche.

 

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