BIRMANIA: UN POPOLO NELLA TRAGEDIA (L’Ora del Salento, 6 ottobre 2007, pag.11)

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birmania005.jpg OSSERVATORIO GEO-POLITICO
A cura di Roberto Cavallo


Nonostante l’impegno e i recenti sforzi delle Nazioni Unite, continua la repressione del regime birmano contro la popolazione e i monaci che invocano democrazia in Birmania.
Nel 1962 il colpo di Stato militare del generale Ne Win poneva il Paese sulla cosiddetta “via birmana al socialismo“. Da allora una lunga serie di governi militari ha di fatto schiacciato l’opposizione e la possibilità di un confronto democratico. Nel 1989 la giunta militare proc lamava, dopo una nuova ondata di proteste, la legge marziale. 0jp6bovf-180x140.jpg Aung San Suu Kyi, storica dissidente e leader della Lega Nazionale per la democrazia, nonchè premio Nobel per la pace, dal 2003 è agli arresti domiciliari, mentre 92 deputati vivono da tempo in esilio e migliaia sono gli scomparsi.

In questo quadro di fortissima limitazione dei diritti civili e politici, il recente aumento dei prezzi di gas e carburante ha scatenato la protesta popolare, oggi incarnata dai circa cinquecentomila monaci buddisti che le hanno dato visibilità internazionale.
La Birmania, pur disponendo delle risorse sufficienti (gas e petrolio in primis) per garantire un adeguato benessere alla propria gente, è un Paese poverissimo, con forti sperequazioni sociali e bisognevole degli aiuti del PAM (Programma Alimentare Mondiale). Di fatto il regime può contare sulla protezione di vicini molto potenti, e della Cina in particolare, che ne è il principale partner commerciale. Non a caso tanto gli Stati Uniti che l’U.E. hanno fatto appello a Pechino affinchè eserciti la propria influenza sul Capo della giunta militare, generale Than Shwe, per far cessare al più pr esto l e uccisioni dei manifestanti e dei giornalisti. Ma il 26 settembre scorso proprio la Cina si è opposta all’approvazione di una risoluzione portata all’attenzione del Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. (Loretta Bricchi Lee, Avvenire, domenica 30 settembre 2007, pag.4) che contemplava sanzioni al regime.
Anche la Birmania, insomma, rientra in quel gruppetto di “amici speciali” da cui la Repubblica Popolare di Cina succhia petrolio e materie prime per soddisfare la propria immensa fame energetica: Sudan, Venezuela, Iran
Tutti Paesi in cui il rispetto dei fondamentali diritti umani resta un opinabile dettaglio

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