CHI PUO’ E CHI NON PUO’: ROMANO PUO’

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«A 6 anni dal #MeToo, la lotta continua. Non è solo denunciare, è cambiare una cultura che normalizza la violenza. La politica deve fare di più

Così twittava Elly Schlein il 25 ottobre 2023. Parole scolpite nella pietra, da appendere nei corridoi delle università woke, da ripetere come un mantra a ogni convegno femminista. Peccato che, come al solito, si dimentichino di aggiungere la postilla: «a meno che a farlo sia uno dei nostri».

Perché poi arriva Romano Prodi, che davanti alle telecamere, infastidito da una domanda legittima sul Manifesto di Ventotene, afferra per i capelli la giornalista Lavinia Orefici. E allora, tutto cambia. Ogni gesto non conta più, viene contestualizzato. Anzi, depotenziato. Minimizzato. E soprattutto: giustificato.

Romano Prodi, infastidito da una domanda della giornalista Lavinia Orefici, la aggredisce verbalmente e le tira i capelli. Reazioni da parte delle femministe? Nessuna. Solidarietà da parte dell’Ordine dei giornalisti? Non pervenuta, se non dopo tre giorni e per stigmatizzare – nell’occasione – il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. Successivamente Fausto Bertinotti rincara la dose, affermando che avrebbe voluto tirare un oggetto contundente al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Presa di distanza da parte delle opposizioni? Neanche per sogno, anzi. Evidentemente c’è chi può permettersi tutto, godendo di un completo salvacondotto.