COME IL CRISTIANESIMO HA CONQUISTATO L’IMPERO ROMANO (L’Ora del Salento, 12 marzo 2011, pag. 11)

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Nella rubrica della scorsa settimana abbiamo fatto cenno alla recente fatica di Rodney Stark, autorevole storico e sociologo delle religioni statunitense, che per le Edizioni Lindau ha pubblicato (fra gli altri) “La città di Dio. Come il cristianesimo ha conquistato l’impero romano” ( Lindau, Torino, 2010, pagg. 330).

Il volume è uno studio accurato sulle origini della cristianità, supportato da dati statistici quantitativi, riassunti in appendice con apposite tabelle. Con dovizia di numeri dunque il libro mette in luce la complessità dei rapporti delle prime comunità cristiane con le realtà giudaiche e con quelle pagane diffuse intorno al Mediterraneo, all’epoca vero e proprio lago “romano”. Da quelle interrelazioni andò consolidandosi la specificità cristiana soprattutto nelle principali città portuali, naturalmente più aperte agli scambi di ogni tipo, compresi quelli culturali.

La progressiva diffusione del Vangelo, da Oriente verso Occidente, fu facilitata dalle comunità ebraiche della diaspora, soprattutto da quelle cosiddette “ellenizzate”, più ricettive del messaggio cristiano rispetto agli Ebrei di Palestina. Anche alcuni culti pagani provenienti dall’Oriente, molto vicini al monoteismo, fecero da battistrada alla diffusione del Vangelo, che poteva così trarre vantaggio da tale continuità culturale.

Insieme a talune condizioni favorevoli, il cristianesimo nascente incontrò ovviamente anche grandi difficoltà: non soltanto l’opposizione esterna degli imperatori romani idolatri, ma anche quella interna di gruppi eretici e gnostici, che nacquero quasi contestualmente nel seno della Chiesa.

Una certa letteratura contemporanea esalta quei gruppi facendone quasi degli antesignani martiri del libero pensiero, a fronte di una Chiesa – tanto per cambiare – considerata chiusa ed oscurantista.

Niente di più falso. Stark ci spiega come molti di quegli gnostici e di quegli eretici si pavoneggiassero nell’aggiungere ogni giorno una nuova fantasiosa trovata alla rivelazione lasciataci da Nostro Signore: insomma non si trattava soltanto di essere eterodossi, ma completamente svincolati dal reale. Per esempio l’opera gnostica per eccellenza, il Libro segreto di Giovanni, presenta la rivelazione in forma di visioni e rivelazioni ambientate in una realtà “altra” e prive di contenuti storici e geografici…

“In tal modo,” – scrive Stark – “le scritture gnostiche somigliano molto più a una mitologia pagana che al Nuovo Testamento, in quanto gli “eventi” si verificano molto spesso in ambienti immateriali, ultramondani, incantati.”

In buona sostanza gli scritti gnostici e iniziatici, che oggi vanno tanto di moda e riempiono gli scaffali delle librerie, al contrario di quelli riconosciuti dal canone della Chiesa, sono componimenti letterari privi di seri riferimenti al reale. Inoltre molte scritture gnostiche, successive ai quattro Vangeli canonici, sono dei plagi, facilmente riconosciuti come tali dai primi padri della Chiesa. Chiunque sia stato l’autore, infatti, ha cercato di ingannare i lettori facendo credere loro che erano opera di famosi personaggi del cristianesimo di prima generazione, come Pietro, Giacomo, Maria Maddalena, Pilato (per fare qualche esempio), o di qualcuno che rivendicava una posizione straordinaria come l’essere il gemello di Cristo.

Ma l’ascesa dell’imperatore Costantino trasformò davvero la Chiesa da perseguitata a “perseguitante”?  Lo vedremo la prossima settimana.

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