CRISTIANOFOBIA: DALLA NIGERIA FINO A VARSAVIA

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La persecuzione contro i cristiani non conosce davvero confini. Mentre milioni di copti egiziani hanno sperato fino all’ultimo che  non diventasse Presidente un esponente dei Fratelli Musulmani – come invece è stato – in Nigeria con puntualità settimanale le bombe dilaniano i cristiani che, nonostante tutto, la domenica si recano a Messa sfidando la morte e la brutalità dei fondamentalisti islamici.

A proposito dell’Egitto, che in questi giorni ha scelto il proprio Presidente della Repubblica, il quotidiano “La Stampa” di domenica 17 giugno 2012 intitolava il proprio pezzo sull’argomento a caratteri cubitali: “La paura dei copti: Meglio Shafik. Se vincono gli islamici è la fine” (pag. 11). Shafik è l’erede politico del vecchio sistema che faceva riferimento a Mubarak e ai militari, più inclini al laicismo e, così si sperava, alla tolleranza. Molti giovani copti rifiutano questa soluzione, che tradisce la ventata di novità e di democrazia che si respirava a Piazza Tahrir…ma purtroppo – affermano i più avveduti – non c’è scelta, perché se vincono gli islamisti è la fine per i copti, che costituiscono il 12% della popolazione egiziana. Molti dei quali già vivono in condizioni misere fra i quartieri più sporchi e insalubri del Cairo.

Dicevamo, però, che la persecuzione non conosce confini. Sia pure con modalità meno cruente dell’Egitto e soprattutto della Nigeria, anche nella “cattolicissima” Polonia i credenti denunciano pesanti discriminazioni da parte di un governo laicista con venature radicali.

E infatti  forze politiche e ideologiche oggi dominanti in Polonia, stanno riducendo la liberta di informazione cercando di limitare le trasmissioni dell’unica televisione cattolica del Paese.

Purtroppo la cristianofobia sembra essere di moda nel mondo liberal-radicale dei media, perché – come diceva il professore in comunicazione Henry Jenkins – “il nuovo anticattolicesimo rimane l’unico pregiudizio accettabile”.

Quando si colpiscono i media cattolici i sacrosanti principi di pluralismo d’informazione sembrano non contare; quando le azioni liberticide riguardano il mondo cattolico, i difensori delle libertà, tacciono.

Ma che cosa esattamente è successo in Polonia? Ricordiamo i fatti: il 19 dicembre 2011 il Consiglio Nazionale della Radio e della Televisione Polacca (in polacco KRRiT) non concede all’unica televisione cattolica del Paese lo spazio sulla nuova piattaforma digitale che dal 2013 assicurerà ai Polacchi l’accesso gratuito ad una serie di emittenti TV.

Per adesso inutili sono stati i ricorsi e la vibrante protesta popolare, che in poco tempo ha raccolto oltre due milioni di firme.

In proposito riportiamo quanto riferito dall’agenzia giornalistica “Zenit”:

“…La chiusura delle autorità polacche a tutte le proteste dei cittadini ha fatto spostare la lotta per il pluralismo dei media dalla Polonia a Bruxelles: il 5 giugno un gruppo di politici polacchi ha organizzato al Parlamento Europeo il cosiddetto “public hearing”, il dibattito pubblico, il cui scopo era far conoscere ai parlamentari e giornalisti europei la storia della discriminazione dell’unica televisione cattolica in Polonia.

Il principale organizzatore del dibattito, il prof. Mirosaw Piotrowski, ha detto che: “il Trattato di Lisbona ha dato alla Polonia anche la cittadinanza UE, allora i problemi polacchi vanno risolti non soltanto in Polonia, ma anche a livello europeo.

La decisione del Consiglio Nazionale della Radiofonia e della Televisione polacca non può essere soltanto un problema locale perché riguarda i valori fondamentali dell’Unione: la questione della libertà di parola, di pensiero, di coscienza, la questione del pluralismo dei media, sono diritti inseriti nel Trattato ed anche nella carta dei diritti fondamentali dell’UE”.

I parlamentari dell’UE hanno ricordato che la Commissione Europea in più occasioni ha chiesto ai Paesi membri il rispetto del pluralismo dei media, il pluralismo che può essere assicurato se tutti hanno gli stessi diritti di funzionare e se vengono rispettati i criteri chiari ed uguali nell’assegnazione delle concessioni radio-televisive.

La preoccupazione per le minacce alla libertà di parola in Polonia sono state espresse non soltanto dai politici ma prima di tutto dai giornalisti che sulla loro pelle sperimentano la mancanza di tale libertà.

Secondo il giornalista Ziemikiewicz il pluralismo nei media in Polonia è una pura finzione perché da anni gli ambienti che stanno al potere si sono assicurati il monopolio e lo mettono a disposizione solo a chi li appoggia. Il caso delle piattaforme digitali è emblematico: un grande gruppo mediatico detiene 13 posti sulle piattaforme, l’altro solo un po’ di meno, allora anche se la gente ha a disposizione 20 canali televisivi, il pluralismo è fasullo perché dietro questi canali ci sono gli stessi detentori del potere mediatico.

In questo contesto i governanti polacchi non vogliono concedere nemmeno un posto alla televisione cattolica che esprime un puno di vista libero e indipendente.

Un altro giornalista polacco, Bronislaw Wildstein, ha sottolineato che la presenza della Tv Trwam non cambierebbe gli equilibri della scena mediatica polacca, ma almeno potrebbe svolgere un ruolo salutare per la democrazia polacca, perché è l’unica che “sorveglia” il potere. Non c’è democrazia se non c’è pluralismo dei media e se anche l’opposizione non ha libero accesso ai media, allora la situazione diventa preoccupante.

In occasione del dibattito nel Parlamento Europeo riguardante la TV Trwam, il settimanale cattolico polacco “Niedziela” (La Domenica) ha intervistato il p.Tadeusz Rydzyk, direttore della televisione cattolica.

P. Rydzyk ha sottolineato l’importanza della presenza dei media cattolici ricordando un recente fatto: l’incontro mondiale delle famiglie con Benedetto XVI a Milano.

Il Papa ha radunato intorno a sé un milione e mezzo di persone ma i media polacchi hanno taciuto o hanno parlato di fatti marginali, favorendo solo voci critiche. Gli stessi media hanno dato rilevanza e servizi in primo piano alla notizia della manifestazione di 4 mila omosessuali. Questo è un esempio lampante della cristianofobia praticata dai media.

Secondo p. Rydzyk il potere tollererebbe la Chiesa, se fosse come la Chiesa “patriottica” cinese: sottomessa al potere. Per questo anche in Polonia si tenta di dividere la Chiesa, di “ammorbidirla”. Si ostacola il funzionamento della TV Trwam e allo stesso tempo viene promosso con gran chiasso l’emittente “ReligiaTv” (Religione TV) lanciato da un gruppo mediatico apertamente ostile alla Chiesa.

Malgrado l’ostracismo praticato verso la TV Trwam, p. Rydzyk si mostra ottimista perché la difesa dell’unica televisione cattolica in Polonia ha mostrato che nel Paese c’è ancora tanta gente onesta con retta coscienza, che ha capito qual è la posta in gioco.

P. Rydzyk è rimasto anche piacevolmente sorpreso dal fatto che nel corso del dibattito in difesa della TV polacca hanno partecipato tanti non-cattolici e agnostici. Uno di loro gli ha detto che era presente nel Parlamento perché semplicemente ci teneva alla libertà di infomazione in Europa.

Mentre nell’aula del Parlamento si svolgeva il dibattito, sulla piazza di Lussemburgo circa 500 Polacchi venuti non soltanto dalla Polonia ma anche dalla Gran Bretagna, Francia e Svizzera manifestavano il loro appoggio alla TV Trwam.

Manifestavano ricordando gli ideali dell’Unione Europea: libertà (anche dei media), pluralismo e tolleranza. Bisogna sperare che l’opinione pubblica europea ricordi ai governanti polacchi che questi ideali vanno applicati in tutti i Paesi dell’UE, anche in Polonia.”

 

 

 

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