CROCICIDIO (di Domenico Airoma)

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Per carità, non intendo accodarmi alla mania di coniare neologismi per ammantare di novità sensazionalistica fatti che hanno segnato la storia degli uomini, come la distruzione dei crocifissi; almeno dal 1789 in poi, ovvero da quando, in nome della dea Ragione, prima, e dell’Uomo-dio, poi, si è preteso di uccidere Dio anche nelle immagini sacre.

E tuttavia una novità, forse, c’è nei fatti di Lizzano in Belvedere, dove alcuni ragazzi hanno staccato la statua lignea del Cristo dalla croce, lo hanno decapitato e fatto in mille pezzi; il tutto, condito da bestemmie e risate ed immancabilmente filmato e postato sul web.

I giacobini che sparavano ai crocifissi o i comunisti che violentavano suore, uccidevano preti o bruciavano chiese (lo fanno ancor oggi, per la verità, nella Cina corteggiata dai nostri governanti), per un verso miravano a far scomparire, anche per mezzo del terrore, la pratica religiosa, e, per altro, sfogavano il loro odio verso quel Dio che sapevano non avrebbero potuto mai davvero sopprimere.

Tutto questo non c’è nella furia distruttrice dei crocicidi di Lizzano.

E neppure può dirsi che al fondo vi sia la rabbia di giovani incattiviti da quartieri degradati o resi schiavi della bulimia del denaro: insomma, non c’è materia da “gomorrare”.

Sono ragazzi usciti dalle nostre scuole e (forse da un bel po’, semmai entrati) dalle nostre parrocchie; educati verosimilmente al rispetto dell’ambiente e del diverso; impegnati pure nel servizio civile; insomma, figli di questo tempo.

Nella lettera di scuse inviata da uno dei “crocicidi” al parroco di Lizzano, l’aver fatto saltare la testa dell’uomo crocifisso a suon di colpi di mazza, viene definita “una stupidata”. Ed allora, una constatazione ed una domanda si impongono.

Il gesto viene confessato come un atto senza senso, senza una ragione: un atto da stupidi. Il che, per la verità, lungi dall’attenuare la gravità della cosa, la accentua.

Ed infatti, c’è da chiedersi perché questi giovani hanno preso di mira proprio un crocifisso. Casualità? E perché, ancora, non sfogarsi contro le vetrine capitalistiche di una banca o il portone della stazione dei Carabinieri? Perché non prendersela con una qualsiasi altra effige?

La realtà è che è proprio nei gesti apparentemente insensati che spesso si manifesta con evidenza la malattia non tanto di chi li compie, ma del corpo sociale tutto.

La realtà è che quell’uomo in croce non interessa quasi più a nessuno; e quei ragazzi lo colpiscono perché consapevoli che nessuno, o quasi, si leverà a protestare. Lo scherniscono e bestemmiano perché sanno che nessun maître à penser ne parlerà, troppo impegnati, come sono, a costruire l’emergenza omofobia.

La realtà è che questo nostro mondo ha commesso molto più di un crocicidio ed i colpevoli non sono a Lizzano Belvedere.

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