DIPENDENZA ENERGETICA, FIANCO DEBOLE DELLA NATO (L’Ora del Salento, 21 marzo 2009, pag. 11)

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oleodottoSe per gli Stati Uniti la dipendenza da fonti energetiche straniere rappresenta “un pericolo urgente per la sicurezza economica e nazionale” (parole di Barak Obama), ciò vale anche e soprattutto per l’Europa.
Scrive Emiliano Stornelli sul magazine online “l’Occidentale” del 14 Marzo 2009: “L’obiettivo degli Stati Uniti è quello di garantire la propria sicurezza energetica attraverso una maggiore diversificazione delle fonti, rendendosi gradualmente sempre più autonomo da fornitori considerati inaffi dabili. Gli europei condividono la stessa problematica. La recente disputa sul gas tra Russia e Ucraina, mettendo a rischio gli approvvigionamenti destinati ai paesi membri dell’UE, ha messo in luce tutta la vulnerabilità della sicurezza energetica del vecchio continente rispetto agli umori del Cremlino. Vulnerabilità che ha già avuto ripercussioni sui rapporti transatlantici. Nel corso della crisi nel Caucaso dell’agosto 2008, i vari distinguo dei paesi europei che più dipendono da Gazprom hanno minato la coesione dell’Alleanza Atlantica sulla posizione da assumere nei confronti dell’azione militare russa in Georgia.”
Con la minaccia dell’uso politico della leva energetica, Mosca ha così dimostrato di poter influenzare le decisioni dei Paesi europei in una dimensione cruciale come la sicurezza.
La scelta dell’Italia di riprendere la strada del nucleare – continua Stornelli – è un passo che va nella giusta direzione della diversificazione delle fonti, per quanto spezzare il doppio filo che ci tiene legati alla Russia (e alla Libia) sarà impresa difficile.
Che la sicurezza energetica sia divenuta una priorità nell’agenda transatlantica lo dimostra anche la discussione attorno al nuovo Concetto Strategico della NATO. Il Concetto attualmente in vigore, approvato a Washington nell’aprile del 1999, si limita ad includere la possibile interruzione degli approvvigionamenti di risorse vitali tra i “rischi” che costituiscono un pericolo per la sicurezza degli Stati membri dell’Alleanza Atlantica. Si parla dunque ancora di rischio e non di minaccia, mentre oggi, a dieci anni di distanza dalla definizione di quel concetto strategico, i flussi di risorse energetiche sono resi molto più pr ecari e vulnerabili. La presenza di tale minaccia è stata concretamente dimostrata nella guerra dello scorso agosto contro la Georgia, allorché i raid aerei russi sono andati molto vicini dal colpire l’ oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan.
Insomma resta da capire come i Paesi europei dell’Alleanza Atlantica potranno sottrarsi al diktat energetico del duo Putin-Mevdevev e, in generale, come potranno sottrarsi alla minaccia di un blocco energetico.

1 commento

  1. Vorrei dire che si è trascurato un fatto importantissimo nell’articolo. 1. Chi di noi ha il diritto, ora che l’Unione delle RS non esiste più, di tenere divisi il popolo alano soltanto perchè una parte è al di qua e l’altra parte è al di là di un famoso passo caucasico? Vorremmo ripetere le esperienze di altri angoli d’Europa come i Baschi o gli irlandesi o il Tirolo? 2. La Georgia aveva basato la sua economia sull’agricoltura quando era nell’URSS e i suoi grossi mercati per (vino, insalate, frutta etc.) erano Kiev, San Pietroburgo e Mosca che assorbivano tranquillamente la produzione (buona o cattiva). Caduta l’URSS che cosa rimane alla Georgia? Non ha granché da trasformare o da esportare! 3. Se il petrolio greggio passa a nord del Caucaso non ci sono royalties eccessive da pagare perchè ne usufruirebbe anche la Federazione Russa. Se passa invece a sud con un’Ossezia e un Abhazia indipendenti le royalties che dovrebbe incasser tutte la Georgia a questo punto si riducono a ben poco se deve cederle agli altri due. Queste cose vanno rilevate perchè la gente deve capire e non soltanto stare ad ascoltare…

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