EGITTO, ADESSO E’ LEGGE: E’ REATO ABBANDONARE L’ISLAM (L’Ora del Salento, 4 ottobre 2008, pag. 11)

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OSSERVATORIO GEO-POLITICO

(a cura di Roberto Cavallo)

In Egitto è diventata legge civile dello Stato quella che fino ad oggi era solo una consuetudine, sia pure un’autorevole consuetudine. Parliamo del divieto per ogni musulmano di abbracciare un diverso credo religioso. Già da parecchi anni una fatwa impediva agli islamici di passare al cristianesimo, pena la condanna a morte o il bando dalla società civile per apostasia. Ora tutto questo è diventato assolutamente legale, e chi abbandona l’Islam per passare ad un’altra religione commette reato. Il governo si è così adeguato alle indicazioni dell’università al-Azhar d el Cairo, ch e rappresenta in Egitto la massima istituzione r eligiosa e culturale. In questo modo il Presidente Mubarak spera di togliere terreno alla propaganda dell’opposizione fondamentalista, rappresentata dai Fratelli Musulmani. Così anche quello che generalmente viene riconosciuto come un Paese musulmano “moderato”, si schiera dalla parte dell’intolleranza. La cosa è tanto più assurda se si considera che in Egitto, accanto alla maggioranza islamica, convive una nutrita presenza cristiana di rito copto (in assenza di un censimento recente,  la percentuale oscilla da un minimo del 10% ad un massimo del 20% della popolazione globale), che ogni giorno diventa più discriminata. Mentre viene aiutato con ogni mezzo chi abbandona il cristianesimo copto per farsi musulmano, commette reato chi fa il contrario. Ne sanno qualcosa quanti, nonostante tutto, si sono convertiti al cristianesimo e oggi vivono – necessariamente – in uno stato di semiclandestinità. Padre Giulio Albanese, su “Avvenire” di domenica 28 settembre 2008, racconta la storia di un giovane musulmano egiziano che si è convertito al cristianesimo e ha quindi iniziato una vera e propria odissea: “… Ibrahim è nato nel 1980 ad Alessandria d’Egitto e si è convertito al cristianesimo un paio d’anni fa…Su suggerimento del padre si è in un primo momento trasferito ad Isna, nell’Alto Egitto a casa di alcuni lontani parenti di fede copta. Nel dicembre del 2007 però il loro negozio è stato dato alle fiamme da un gruppo di estremisti islamici ed Ibrahim ha pensato bene di allontanarsi per timore che la sua presenza, essendo un convertito, potesse creare problemi a terzi. Successivamente si è trasferito al Cairo, a casa di amici, ma è ancora disoccupato. Si è infatti visto negare ripetutamente dal governo il permesso di potere modificare la religione nella sua carta di identità. Purtroppo, la normativa vigente esige ancora oggi che sia specificato il credo religioso nei documenti di identità …” (Avvenire, 28.09.2008, pag. 5). E se nei documenti non c’è il timbro “islam” è alquanto difficile trovare lavoro …<–>

1 commento

  1. è assurdo che nel 2008 succedono cose così assurde. Come possibile che il mondo civile non si rebella a tale atrocità. Sono triste e preoccupata per tutti i cristiani egiziani. E’ la prima volta ke scrivo commenti

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