ENCICLICA “DILEXIT NOS”: UNA PRESENTAZIONE

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L’enciclica Dilexit nos di Papa Francesco è stata pubblicata in occasione del 350º anniversario dell’apparizione – privata – del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque  e fu promulgata il 24 ottobre 2024, alla fine del  mese missionario.

E’ la quarta e ultima enciclica di Papa Francesco, che Egli considerava in linea con Laudato si’ e Fratelli tutti.

Al prof. Enzo Marangione, studioso di documenti pontifici, chiediamo quale sia l’obiettivo dell’enciclica.

L’obiettivo dell’Enciclica è quello di invitare a superare l’individualismo, salvaguardando la dimensione comunitaria, sociale e missionaria della devozione al Cuore di Cristo. Il Papa ha voluto incoraggiare i fedeli a non confinare questa devozione in un ambito individuale e a preservarne, invece, il carattere comunitario.

Da un certo punto di vista un ritorno al passato?

Indubbiamente anche nel recente passato un’enciclica «sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo» è stato oggetto di documenti pontifici; da ricordare l’enciclica Annum Sacrum di Leone XIII, la Miserentissimus Redemptor di Pio XII, la Haurietis aquas di Pio XII, la “Imperscrutabile ricchezza di Cristo” di san Paolo VI. Successivamente ne ha parlato san Giovanni Paolo II in una serie di catechesi, come pure Benedetto XVI, ma la Dilexit nos ha rappresentato un qualcosa di inatteso per molti, perché dopo il Concilio Vaticano II la devozione al Cuore di Cristo non ha più occupato quel posto centrale che aveva avuto fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. Papa Francesco osserva che trattare questo argo­mento non è «romanticismo religioso» (paragrafo 46), un risusci­tare una sensibilità passata, ma significa attingere davvero a quel centro che unifica l’intera esistenza del credente e, al tempo stesso, al centro di tutta la persona di Gesù Cristo: «il Sacro Cuore è una sin­tesi del Vangelo» (83).

Dunque più che un ritorno al passato, un ritorno all’essenziale dell’esperienza cristiana?

Sì, per Papa Francesco la devozione al Cuore di Gesù costituisce un vero rimedio di fronte alle spiritualità disincarnate, cioè a «varie forme di religio­sità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore» (87). Tali limitate esperienze religiose possono rivelarsi anche in una Chiesa fatta «di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, rifor­me strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate» (88). Ecco perché, prosegue il Pontefice, «queste malattie tanto attuali […] mi spingono a pro­porre a tutta la Chiesa un nuovo approfondimento sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore. Lì possiamo trovare tutto il Vangelo, lì è sintetizzata la verità che crediamo, lì vi è ciò… di cui abbiamo più bisogno» (ivi).

Come si struttura l’enciclica?

Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché occorre “ritornare al cuore” in un mondo nel quale siamo tentati di “diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato” (2). È il cuore che rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo” (17). Nel secondo capitolo il Papa si sofferma sui gesti e sulle parole d’amore di Cristo, mentre nel terzo spiega come la Chiesa rifletta e abbia riflettuto “sul santo mistero del Cuore del Signore”. Nel quarto, “L’amore che dà da bere”, il Pontefice presenta i gran­di testimoni dell’amore umano e divino del Cuore di Cristo: innanzitutto i Padri della Chiesa, sant’Agostino, che «ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore» (103). La riflessione si rivolge poi ai grandi testimoni di questa spiritualità nel mondo moderno: san Giovanni Eudes, san Francesco di Sales, santa Margherita Maria Alacoque e san Claudio de La Colombière, san Vincenzo de’ Paoli, fino a san Charles de Foucauld e santa Teresa di Gesù Bambino, santa Fausti­na Kowalska, san Pio da Pietrelcina, santa Teresa di Calcutta e san Giovanni Paolo II. L’ultimo capitolo, “Amore per amore”, approfondisce la dimensione comunitaria, sociale e missionaria della devozione al Cuore di Cristo, che, nel momento in cui “ci conduce al Padre, ci invia ai fratelli” (163). L’amore per i fratelli è infatti il “gesto più grande che possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore” (167),

Quali i rimedi concreti “per ritornare al cuore” della spiritualità?

Papa Francesco ripropone e conferma nel suo valore le espressioni tradizionali del culto al Cuore di Gesù, in particola­re la Comunione nei primi venerdì del mese e l’ora di adorazione eucaristica il giovedì. Ma indica soprattutto nella paro­la di Dio e, ovviamente, nell’Eucaristia la fonte di ogni vera devozione.