FRANCIA: I GIOVANI JIHADISTI PROVENGONO QUASI TUTTI DALLE CLASSI PIU’ ABBIENTI DELLA SOCIETA’

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Malika Sorel-Sutter, sociologa e saggista

 Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 03/12/2015, a pag. 2, con il titolo “La povertà non c’entra con l’islamismo, c’entra l’ideologia. Le colpe della gauche“, un ampio stralcio dell’analisi di Mauro Zanon.

Secondo una vulgata parecchio di moda la violenza e il terrorismo nascerebbero dalla povertà e le diseguaglianze sarebbero la causa principale delle efferatezze jihadiste commesse da giovani smarriti, e basterebbe – quindi – aumentare la spesa sociale per aver qualche islamista in meno. Riportando i numeri dell’Uclat (l’Unité de coordination de la lutte anti terroriste), organo incaricato di analizzare quotidianamente le informazioni relative al terrorismo in collaborazione con l’intelligence francese, un recente saggio  di Sorel-Sutter sbugiarda i teorici del cosiddetto terrorismo disagiato: “Sulla base delle persone segnalate, l’Uclat rivela che il 67 per cento dei giovani candidati al jihad proviene dalla classe media, e addirittura il 17 per cento dalle classi socio-professionali superiori (in Francia vengono identificate con la sigla Csp+, e raggruppano appunto i ceti più abbienti della società). L’Uclat dunque fa luce sulla mostruosità delle accuse mosse contro i francesi da più di trent’anni, operazione che non ha mai smesso di fomentare il risentimento contro la Francia”.

Sorel-Sutter conosce bene la materia. Figlia dell’immigrazione araba (è nata in Francia da genitori algerini), da esperta di politiche famigliari, politiche migratorie, educazione e formazione delle giovani generazioni figlie del “regroupement familial”, ha lavorato dal 2009 al 2012 all’Haut Conseil à l’Intégration, organo creato nel 1989 dall’allora premier socialista Michel Rocard al fine di elaborare annualmente un rapporto, accompagnato da pareri consultativi, sull’“integrazione dei residenti stranieri o di origine straniera”. Nominata da Sarkozy, Sorel-Sutter era apprezzata da molti ambienti per i suoi lavori accademici sull’immigrazione (“Le Puzzle de l’intégration: Les pièces qui vous manquent” e “Immigration, Intégration: Le langage de vérité” figurano in Francia in cima alla lista dei migliori saggi sulla questione dell’immigrazione e dell’integrazione).

Ma nel 2012, François Hollande, pochi mesi dopo la sua elezione all’Eliseo, ha deciso che lei come tutti i membri dell’Haut Conseil à l’Intégration non servivano più alla Francia a guida socialista, che i tempi per proferire certe verità scomode erano finiti. All’Alto consiglio dell’integrazione sfornavano rapporti che sfatavano il mito del multiculturalismo riuscito, rapporti senza il filtro del politicamente corretto, in distonia con la retorica multiculti che doveva caratterizzare il quinquennio. Ma da un giorno all’altro il presidente ha dissolto l’organo che un primo ministro del suo campo politico, il socialista Rocard, aveva appositamente creato. Hollande, oggi commander-in-chief nella nuova guerra al terrore, è anche emblema di quella gauche “egemonica”, “settaria” e “irresponsabile nel trattare l’immigrazione”, denuncia Sorel-Sutter, incapace di vedere la realtà.

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