FRANCIA: IL GESTO ESTREMO DI DOMINIQUE VENNER (di Marco Invernizzi)

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Notre Dame
La cattedrale di Notre Dame, scenario del tragico gesto di Dominique Venner (16 aprile 1935–21 maggio 2013), noto saggista e storico francese

Da giovane ero un cultore di Pierre Drieu La Rochelle (1893-1945), l’intellettuale francese che voleva unire destra e sinistra in un disperato fronte contro il sistema e soprattutto contro il pensiero borghese. Un autore che scriveva in modo affascinante e che catturava coloro che vivevano con fatica “dentro” la società del tempo, che stava rinnegando le radici cristiane e che veniva contestata da sinistra, nella prospettiva di un  libertarismo aggressivo che poi effettivamente avrebbe portato anche al matrimonio gay.

Mi è venuto in mente questo autore e la situazione attuale del mondo europeo, come diretta conseguenza di quanto accadeva 40 anni fa, nel pieno della rivoluzione culturale che porta il nome di Sessantotto, proprio leggendo del suicidio nella cattedrale di Notre Dame dell’intellettuale francese Dominique Venner.

Se non avessi avuto il dono della conversione alla fede cattolica, esattamente 40 anni fa, oggi forse avrei guardato con uno sguardo rassegnato e non stupito a questo gesto. Certi autori, come Drieu La Rochelle, hanno una sorta di disperazione interiore che affascina chi non ha la forza di battersi contro la tragedia che incombe sulla propria civiltà. È la disperazione che nasce dalla mancanza di speranza intesa come virtù teologale e sulla quale Il Papa emerito ha scritto una splendida enciclica, la Spe salvi. È la disperazione che nasce dall’orgoglio di chi presume che i demoni si possano fermare con le nostre azioni umane, a prescindere dalla grazia di Dio. È la disperazione di chi non si affida a Dio e di conseguenza non riconosce che il Signore della storia è un altro, l’unico veramente indispensabile.

Certo, il gesto di Venner voleva essere una estrema denuncia contro la legalizzazione del matrimonio gay e contro l’islamizzazione della Francia, sull’esempio dei kamikaze giapponesi che amava molto, ma è difficile cogliere il rapporto fra speranza e disperazione per chi, come lui, non è cristiano. Eppure, chi coltiva la speranza non smette di continuare a combattere per cambiare una situazione ingiusta.

Il suo è stato un gesto compiuto per risvegliare un popolo di fronte a due pericoli immensi e drammatici, ma che possono e in realtà vengono combattuti. Le manifestazioni di Manif pour tous dimostrano che ci si può opporre in modi diversi e più efficaci. In modi, soprattutto, che esprimono la speranza di poter invertire il corso della storia con l’aiuto della grazia di Dio e con l’ausilio di una piccola ma fondamentale virtù: la pazienza storica, quella stessa insegnataci dal Magistero di papa Francesco a somiglianza della pazienza che Dio ha con ciascuno di noi.

Una pazienza che non ha avuto questo intellettuale forse imbevuto di una mitologia paganeggiante e romantica, che privilegia il gesto estremo del singolo e si dimentica del quotidiano e difficile lavoro del seminatore, che non ha l’impazienza del risultato, anche se lo desidera con tutto il cuore.

 

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