GUIDA “SCORRETTA” PER CONOSCERE L’ISLAM. L’HA SCRITTA IL RICERCATORE ROBERT SPENCER (Corriere del Giorno, 26 aprile 2009, pag. 28)

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Nuova immagineLe Edizioni Lindau di Torino sono particolarmente attente alla questione dell’Islam e ai suoi risvolti sociali e politici, dando spazio ad una serie di Autori che non è esagerato definire “politicamente scorretti”, almeno secondo la corrente vulgata mediatica.
Ecco così che Lindau pubblica “Eurarabia” di Bat Ye’Or ; “Islam e Cristianesimo. Una parentela impossibile”, di Jacques Ellul ; “Evviva! Ci arrendiamo. La dolce resa dell’Europa di fronte all’Islam”, di Henryk M. Broder ; “Le Crociate. Una storia nuova”, di Thomas F. Madden.
Ad incrementare questa letteratura audace e controcorrente sul tema dell’Islam giunge un altro volume, che senza mezzi termini si presenta come “Guida (politicamente scorretta) all’Islam e alle Crociate”, di Robert Spencer .
Nella prima parte (Islam), l’Autore affronta il tema partendo dalle fondamenta, e quindi dalla figura di Maometto, tracciandone il prof ilo umano.
Maometto (570-632), racconta Spencer, fu essenzialmente un uomo di guerra: “…esortò i suoi seguaci a combattere per la nuova religione da lui fondata e disse che Al lah aveva ordinato ai fedeli di imbracciare le armi. E lui stesso, anziché limitarsi a predicare la guerra, combatté in numerose battaglie. Si tratta di fatti cruciali per chiunque voglia davvero capire cosa abbia scatenato le crociate, secoli fa, o cosa abbia condotto, oggi, a una mobilitazione su scala globale dei combattenti del jihad. Nel corso di questi scontri Maometto articolò numerosi principi, che da allora i musulmani non hanno mai smesso di seguire” (pag. 21).
Maometto in persona, scrive l’Autore, iniziò ad assaltare le carovane degli odiati rivali meccani, con razzie che procuravano ingenti bottini. In proposito viene ricordata, fra le tante, la strage seguita alla battaglia di Badr. Qualsiasi peccato o violenza commettessero i suoi predoni, passava in secondo piano rispetto alla ragion politica. In particolare Maometto non tollerava il rifiuto che la tribù Hurays di La Mecca gli opponeva: “Il bene divenne identificabile con qualsiasi cosa andasse a beneficio dei Musulmani, indipendentemente dal fatto che violasse la morale o altre leggi. La morale assoluta dei Dieci Comandamenti e gli altri dettami delle grandi religioni che precedettero l’Islam furono accantonati a favore di un soverchiante principio di convenienza” (pag. 24).
Per i musulmani la battaglia di Badr divenne un punto di svolta leggendario, perché Maometto sosteneva che schiere di angeli si erano unite ai suoi uomini determinando la vittoria. Un passaggio coranico spiega come a Badr i musulmani fossero stati strumenti passivi della volontà divina (Corano, VIII, 17). Analogamente, affermava Maometto, sarebbe accaduto per le altre future battaglie che attendevano l’Islam. Tale fede animò gli eserciti islamici che nel giro di pochi decenni giunsero non solo a riunificare l’Arabia, ma a conquistare Gerusalemme, Damasco ed Alessandria, e cioè gran parte del mondo cristiano di allora. La stessa fede nell’aiuto divino in battaglia spinse califfi e generali musulmani ad entrare in Europa, sottomettendo la Spagna e la Sicilia, e cingendo più volte d’assedio la debole Costantinopoli, fino ad arrivare, nel XVII secolo, sotto le mura di Vienna nel cuore d’Europa. Certamente non tutti i musulmani di oggi concordano con questo tipo di ricostruzione e di interpretazione, ma, ricorda l’Autore, “…per ogni testo scritto dai musulmani liberali, i mullah si rifaranno a dozzine di contro esempi molto più forti da un punto di vista esegetico, filosofico e storico”. (pag. 29).
D’altronde è lo stesso Corano che in oltre cento versetti incita i fedeli al jihad contro i miscredenti: “Quando in combattimento incontrate i miscredenti, colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati, poi legateli strettamente” (Corano XLVII, 4). In un altro passo il Corano va giù ancora più duramente: “Combatteteli finché non ci sia più persecuzione e il culto sia reso solo ad Allah” (Corano, II, 193). Indubbiamente nel Corano si trovano versetti più tolleranti, ma essi risalgono al periodo meccano, quando Maometto era perseguitato e ancora non disponeva di alcuna autorità politica. Inoltre alcuni teologi islamici, nota Robert Spencer, sostengono che il duro “verso della spada” invalidi ben 124 versetti coranici di natura più pacifica e tollerante: “Portare avanti la guerra contro gli infedeli finché non si convertano all’Islam o paghino umilmente la gizyah – la tassa speciale imposta dalla legge islamica ai non musulmani – è dunque l’ultima parola del Corano sul jihad. Una parola che la tradizione islamica ufficiale interpreta da sempre come il primo dovere ingiunto da Allah alla razza umana: per volontà divina la ummah (comunità) islamica deve vivere in uno stato di guerra perpetua contro il mondo non musulmano, interrotto solo saltuariamente da qualche breve tregua” (pag. 48).

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