I MARTIRI DI ŠIROKI BRIJEG (di Guido Verna)

2376

Da Mediugorje, come ricordo di un pellegrinaggio, mi è stato riportato un piccolo libro di Padre Jozo Zovko o.f.m. intitolato La novena ai martiri di Široki Brijeg. Sapendo poco o niente del loro sacrificio e spronato anche dalla brevità dello scritto, l’ho subito letto, ricevendone in dono la scoperta di un episodio terribile ma cristianamente splendido e straordinariamente ricco di significati, come, d’altronde,  lo sono tutti gl’innumerevoli episodi che hanno generato i milioni di martiri del XX secolo. Il dovere di raccontarlo a chi non lo conoscesse è, peraltro, incrementato dalla circostanza che quest’anno ricorre il suo sessantennale.
Erano le tre del pomeriggio del 7 febbraio 1945 quando «[….]  i partigiani comunisti decisero di distruggere dalle fondamenta il simbolo cristiano e sradicare dal cuore del popolo la fede cattolica e la benevolenza e la riconoscenza verso i frati francescani. Il simbolo era il santuario dedicato all’Assunta, che dodici francescani originari dell’Erzegovina, «durante la dominazione turca della Bosnia Erzegovina», avevano costruito nel 1846 nella loro terra d’origine, a Široki Brijeg, e che nel tempo, con l’aggiunta di un convento, di un seminario e di una scuola ginnasiale, si era trasformato in un formidabile centro di fede e cultura cattolica.
Ai trenta religiosi che trovarono all’interno della struttura, «i comunisti […] [cominciarono col dire]: “Dio è morto, Dio non c’è, non c’è il Papa, non c’è la Chiesa, non c’è bisogno di voi, andate anche voi nel mondo a lavorare” ». Poi uno di loro, buttato a terra il Crocifisso, pose l’ultimatum: «Ecco […] adesso potete scegliere la vita o la morte». Ognuno dei religiosi s’inginocchiò e baciò la Croce: avevano scelto di non tradire, avevano scelto la morte, cioè la Vita. Allora «i persecutori hanno preso i frati ad uno ad uno, li hanno portati fuori dal convento e li hanno uccisi; poi hanno cosparso di benzina i loro corpi e li hanno bruciati. I frati sono andati incontro alla morte pregando e cantando le litanie della Madonna», come testimoniarono «i militari che facevano parte del plotone di esecuzione», uno dei quali «[…] oggi, è convertito ed ha un figlio sacerdote e una figlia suora». Come sempre accade, la memoria pubblica dei martirizzati è impraticabile finché durano i martirizzatori: «i corpi dei trenta testimoni della fede [di cui sei avevano solo 20/21 anni, mentre il più anziano ne contava 76] sono rimasti nascosti sotto terra per anni e anni, non si poteva nominarli né fare alcuna commemorazione». La memoria privata, però, non si spegne e il sacrificio dei martiri continua misteriosamente a scaldare il cuore di tanti «poveri» uomini, che acquistano anche la forza di rischiare contro il rigoroso silenzio imposto dai carnefici, trasmettendo, magari a voce bassa e nell’orecchio del vicino, quella «storia» esemplare di morte e di Vita. La catacomba è solo la serra per proteggere la crescita dei fiori della santità e il tempo che passa sono solo le sue stagioni di maturazione, finché  si torna a rivedere il sole. Se ci fosse bisogno di conferme, mai come in questo caso si rivela la verità secondo cui sanguis martyrum semen christanorum: il sogno tragico dei persecutori è crollato, mentre il santuario, il più grande di tutta la Bosnia-Erzegovina, è rinato, più solido che mai. E i suoi campanili svettano ancora e le sue campane possono suonare al nuovo Pontefice e nel negozio di souvenir mia moglie, come ogni pellegrino, può comprare il libro che racconta quella «storia»… Ma, soprattutto, a pochi chilometri da lì, a Mediugorje, è successo qualcosa di straordinario: la Padrona del santuario ha deciso d’innalzarne.
Aggiungo ancora qualche considerazione, di secondo piano con qualche significato. Anzitutto, credo che meriti di essere sottolineata una descrizione a margine del racconto dell’episodio, perché fisicamente rappresentativa della pratica della tabula rasa del passato postulata dall’ideologia dei persecutori per accelerare la costruzione del «mondo nuovo» e dell’«uomo nuovo»: «nella biblioteca del convento esistevano, fino al 1945, circa centocinquantamila volumi che documentavano le tappe della storia e delle sofferenze del popolo croato di Erzegovina.

Tutto è stato distrutto! » (Prefazione, di Matteo Rossi).
Una biblioteca di centocinquantamila volumi a Široki Brijeg, non propriamente nel cuore dell’Europa: oggi sembra incredibile! Ma se si leggono le brevi note biografiche dei martiri si può subito cogliere la congruità delle sue dimensioni; ancor di più, però, si possono cogliere, da questa lettura, la grandezza e la capacità pulsante di questo cuore, allora.
Fra le vittime francescane c’erano, infatti, laureati in filosofia e musica, lettere antiche e teologia, lingue romaniche e filologia classica, professori di latino e di greco, di tedesco e di francese, di matematica e di fisica; avevano studiato non solo nella vicina  Mostar, ma a Zagabria (Croazia), Lubiana (Slovenia), Bratislava (Slovacchia), Friburgo (Svizzera), Cracovia e Breslavia (Polonia), Graz, Innsbruk e Vienna (Austria), Dusseldorf, Paderborn e Friburgo (Germania), Lilla e Parigi (Francia). Queste fredde elencazioni provano che lì, a Široki Brijeg, dove oggi l’Europa sembrerebbe lontana, allora essa — cioè la sua cultura, la sua storia, la sua religione, tutto quello per cui questo pezzo di mondo, senza confini fisici perfettamente definiti, si chiama Europa —  era centrale e aveva un cuore grande e pulsante. Il cardiotonico era la Croce, ma forse nel preparato c’era anche qualche goccia del vecchio impero asburgico…
A Široki Brijeg  si parlavano una molteplicità di lingue, s’incrociavano saperi e sapienze, ma, nelle ore canoniche e, quindi, nel tempo che conta, tutto si fondeva: la preghiera era in latino e il Pater Noster e l’Ave Maria in comune erano l’espressione della Costituzione di quell’Europa perduta e da ritrovare.
«Sul finire dell’anno 1991, è stata presentata presso la Santa Sede di Roma la documentazione necessaria per l’inizio della causa di beatificazione dei […] martiri francescani» di Široki Brijeg . E il cunicolo «dove giacquero i corpi martoriati dei frati», da quel 7 febbraio 1945 fino alla riemersione post-comunista, diventerà presto una «catacomba» praticabile, con all’ interno una Via Crucis. Attraversarla, fermarsi alle stazioni e rivedere infine il sole sarà come pregare per la canonizzazione di questi eroici testimoni della fede e per ritrovare, con la loro intercessione, quell’Europa perduta, che forse spiacerebbe a certi banchieri e ai tecnocrati,  ma  piacerebbe tanto a noi.

EXTRA
Fra Bruno Adam?ik (37 anni), era laureato in filosofia e musica a Bratislava (Slovacchia);
fra Marko Barbari? (80 anni);
fra Jozo Bencun (76 anni),
fra Mario Dragi?evi? (43 anni) era laureato in storia, greco e latino e aveva studiato in Francia e a Friburgo (Svizzera);
fra Miljenko Ivankov i? (21 anni); suo fratello e suo nipote sono oggi frati francescani;
fra Andrija Jel?i? (41 anni), aveva studiato a Mostar e Breslavia (Polonia);
fra Rudo  Juri? (20 anni), era chierico con semplici voti;
fra Fabijan Kordi? (55 anni), era il sarto;
fra Viktor Kosir (21 anni); avendo saputo del pericolo che incombeva sulla comunità, per la sua giovane età fu rimandato a casa, a poche chilometri dal convento;  ma vi rimase solo poche ore, preferendo morire insieme ai confratelli; il fratello nato dopo il suo martirio, si è fatto frate con il suo stesso nome e si può incontrare a Mediugorje, dove opera soprattutto nel confessionale;
fra Tadija Kožul (36 anni) era professore di filosofia, greco e latino e aveva studiato a Mostar, Friburgo (Germania) e Zagabria (Croazia);
fra Krsto Kraljev i? (50 anni) aveva studiato a Zagabria, Vienna e Friburgo (Svizzera);
fra Stanko Kraljevi? (74 anni) fu catechista e bravo predicatore, oltre che professore e confessore dei chierici;
fra Žarko Leventi? (26 anni), confessava i malati; portando l’Eucaristia, si ammalò di tifo; fu preso dal letto e ucciso.
fra Bonifacije Maji? (62 anni), aveva studiato a Mostar, Paderborn (Germania) e Dusseldorf (Germania) dove si era laureato in teologia; poi a Cracovia (Polonia), si era laureato in filosofia.
fra Stjepan Maji?  (20 anni), aveva appena finito il noviziato e pronunciato i voti temporanei;
fra Arckandeo Nui? (49 anni), insegnava greco, latino, tedesco e francese, a Vienna era diventato dottore in teologia, mentre a Parigi aveva studiato filologia classica e si era laureato alla Sorbona;
fra Borislav Pandži? (35 anni) guidava il seminario come pedagogo insegnava religione;
fra Kresimir Pandži? (53 anni) era plurilaureato ed aveva studiato a Mostar, Graz (Austria) e Zagabria;
fra Fabijan Paponja (48 anni)  era il responsabile del convitto; aveva studiato a Mostar, Innsbruk (Austria) e Lubiana (Slovenia);
fra Nenad Venancije Pehar (35 anni), aveva studiato a Mostar e Zagabria, dove si era laureato in filosofia;
fra Melhior Prli? (53 anni) era falegname, solo frate e non sacerdote;
fra Ludovik Radoš (20 anni), aveva appena finito il noviziato e pronunciato i voti temporanei;
fra Leonard Rup?i? (38 anni), insegnava francese; aveva studiato a Mostar, Lilla (Francia), Friburgo (Svizzera), poi lingue romaniche a Parigi;
fra Mariofil Sivri ? (32 anni), era cappellano ed educatore dei giovani allievi;
fra Ivo Sliškovi? (68 anni);
fra Kornelije Sušac (20 anni), aveva dato i primi voti;
fra Dobroslav Šimovi? (38 anni), era diventato a Parigi dottore in teologia;
fra Radoslav Vukši? (51 anni), professore di matematica e fisica, aveva studiato a Vienna;
fra Roland Zlopaša (33 anni), era laureato in filosofia e aveva studiato a Mostar, Friburgo (Svizzera) e Zagabria;
fra Leopold Augustin Zubac (55 anni), era professore ed assistente all’idrocentrale.

Guido Verna
1 maggio 2005

3 Commenti

  1. sono stata anch io a madugorje ma nn ho avuto modo di andare al monastero ci siamo passati vicino,proprio sotto.desideravo sapere dove posso trovare le immagini del cunicolo dove sono stati ritrovati i frati ,se c e un sito.grazie x la sua esperienza.t

  2. Gentile Signora, quando sono andato a Medjugorie – dopo aver scritto l’articolo – il cunicolo era ancora “in costruzione” ed inaccessibile, per cui sono riuscito a vederlo solo dall’esterno.
    Appena posso – cioè quando tornerà mia moglie, al momento “affaccendata” con i nipotini – le manderò notizie più fresche e precise, essendo ella l’esperta di famiglia del Santuario (sono molti anni che, almeno una volta l’anno, va a salutare e ringraziare la Padrona).
    Grazie molte, comunque, per l’attenzione.
    Cordiali saluti in Jesu et Maria.
    Guido Verna

  3. Saremo sabato 7 aprile 2012 mia moglie ed io a onorare i gloriosi martiri di Siroki e vi ricrderemo tutti.sapete se c’è
    messa al mattino e dove si trova la tomba di questi cari martiri.Su Guida del pellegrini ed.MIR c’è la loro storia e novena e grazie a loro abbiamo ottenuto una grande grazia.Se avete altre notizie per favore scrivetele Grazie.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui