I SACRIFICI UMANI DI INCAS, MAYA E AZTECHI (“Corriere del Giorno”, 16 febbraio 2007, Cultura & Società)

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 Mel Gibson

Può un film oggettiv amente violento, con lunghe scen e d i s angue e a tratti raccapricciante, avere un afflato religioso ? La risposta è sì, se il regista si chiama Mel Gibson. Dopo averci provato, ottenendo un enorme successo mondiale, con “The Passion“, adesso il regista-attore americano offre agli spettatori un altro film truculento, anche questo caratterizzato da dialoghi in una lingua arcaica ed incomprensibile, ma non per questo meno affascinante. Non si tratta dell’aramaico parlato dal Nazareno, ma del dialetto indiano dell’America latina degli inizi del XVI° secolo; al tempo, tanto per intenderci, dei primi conquistadores spagnoli.

Come per The Passion, anche in questo caso una certa critica ben pensante – non solo cinematografica – ha tentato di stroncare il film, per motivi che è facile intuire.

Mel Gibson insomma ancora una volta scandalizza, perchè smonta uno dei clichè più cari alla storiografia moderna, quella cioè formatasi all’indomani dell’ illuminismo e della Rivoluzione francese. Si tratta del mito anti-spagnolo ed anti-cattolico, che da duecento anni a questa parte ha presentato e presenta l’elemento europeo in America latina come perturbatore e prevaricatore di società indigene considerate semi-idilliache, cui i “conquistadores” avrebbero messo fine per la loro intrinseca malvagità, non disgiunta da quella dose di “oscurantismo cattolico” che sarebbe stato tipico dell’inizio del XVI° secolo.

In realtà una recente storiografia, più accorta e soprattutto distaccata, ha messo in luce ciò che sempre si è saputo perchè testimoniato e scritto proprio da quegli ispanici (soldati e missionari) che si avventurarono nelle giungle del nuovo mondo appena scoperto.

Lo storico e saggista Rino Cammilleri scrive: “Il recente film di Mel Gibson, Apocalypto, non fa che narrare quel che nessuno ha mai descritto finora al cinema: le civiltà precolombiane si basavano sui sacrifici umani praticati in scala industriale. Basti pensare che, solo per consacrare il tempio dedicato al dio Huitzilopochtli, nel 1486, gli Aztechi nella loro capitale, Tenochtitlan, squartarono ben 70.000 vittime in una cerimonia che durò giorni e giorni. Possiamo solo immaginare l’orrore e il raccapriccio provati dagli spagnoli quando si trovarono a camminare su un tappeto di decine di migliaia di teschi umani

E’ praticamente una delle sequenze principali del film di Mel Gibson, che descrive puntualmente lo stato di costrizione e di abbrutimento cui i popoli soggiogati erano tenuti dalle caste principesche-sacerdotali dei Maya, degli Incas, degli Aztechi.

La rapidità della scomparsa di tali “civiltà” dinanzi alle armi spagnole si deve proprio al desiderio di liberazione che animò i popoli schiavi nella rivolta contro i loro dominatori Maya, Incas, Aztechi.

Nell’anno 2000 una spedizione archeologica sulle Ande trovò la mummia perfettamente conservata di una bambina che gli scopritori chiamarono Cara de Angel, “viso d’angelo”.

Era stata sotterrata ancora viva, a testa in giù, ai piedi dell’altare sacrificale di una delle innumerevoli e sanguinarie divinità Incas. Francisco Pizarro, fra i “conqustadores” più noti, proprio contro quegli Incas ebbe come fedeli compagni di lotta i canari, i chachapuya, gli huanca, gli yana, tutte popolazioni indigene schiave e fonte di reclutamento per i sacrifici umani. Hernan Cortes aveva al suo seguito appena 70 cavalieri spagnoli, ma subito si guadagnò la simpatia e l’appoggio delle tribù indigene dei tlazcaltechi, dei cempoaltechi, dei totonachi, dei texcucani, dei zapotechi, dei taraschi.

Anche l’architettura e le forme artistiche delle “civiltà” Maya, Incas e Azteca, oggetto di tanta ammirazione, abbondano di riferimenti al tema rituale del sacrificio umano.

Nella scena finale di Apocalypto i due sanguinari guerrieri che inseguono il protagonista indigeno, miracolosamente sfuggito al sacrificio rituale, si fermano incantati sulla spiaggia dell’oceano. Dinanzi a loro qualcosa di mai visto: delle navi con gli uomini bianchi e una croce Quella croce, più che le armi da fuoco spagnole, mise fine alla pratica millenaria dei sacrifici umani; quella croce su cui già aveva trovato compimento il più grande Sacrificio umano che la storia ricordi

Roberto Cavallo

1 commento

  1. Ho sempre lottato per sostnere questa tesi. Ancora oggi molti nostri connazzionali sono convinti che la sparizione della cultura Azteca sia legata alla persecuzione dei Cristiani. Aggiungo a tutto ciò che è stato scritto che nelle pratiche era previsto anche il sacrificio al Dio serpente piumato. Noto inoltre un silloggismo con la cultura islamica del sacrificio umano teso a liberare dal peccato, una sorte di partecipazione volontaria finalizzata a rendere felice il proprio dio Hallà che di sicuro non è “colui che non ha nome”…..

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