IL BEATO PASQUALE TORRES LLORET, PADRE DI FAMIGLIA E MARTIRE NELLA SPAGNA “ROSSA”

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Dal sito www.santiebeati.it leggiamo e pubblichiamo l’articolo di Gianpiero Pettiti: “Manii callose e cuore di galantuomo: anche questo, insieme al martirio per la fede, ha avuto il suo peso nel processo di beatificazione che l’11 marzo 2001 ha portato Pasquale Torres Lloret alla gloria degli altari. Nasce il 23 gennaio 1885 nella provincia spagnola di Valenza, a Carcagente, dove la sua famiglia si distingue per l’estrema ma dignitosa povertà in cui vive. E Pasquale morirà povero com’era sempre vissuto, perché da questa povertà non riuscirà a riscattarsi mai, neppure quando diventa capomastro nei cantieri edili.
Oltre che estremamente onesto, per cui proprio non gli riesce di approfittare delle occasioni o di ingannare il prossimo, ha per di più un elevato senso di giustizia sociale. Ed è in nome di quest’ultima che non intasca mai il 10% che, per antica consuetudine locale, gli operai a lui sottoposti gli dovrebbero giornalmente versare; non solo: molte volte la sua paga giornaliera va a finire nelle tasche di qualche operaio più povero di lui, che non riesce a sbarcare il lunario. Carità tanto più eroica, se si pensa che anche Pasquale ha quattro figli da mantenere; buon per lui che la moglie non solo non lo ostacola, ma lo asseconda in quest’opera di carità e anche nel fervore religioso.
Già, perché di Pasquale non si riuscirebbe a capire nulla se non si sottolineasse che quest’uomo è onesto, caritatevole e giusto proprio perché cristiano fervente. Ogni sua giornata inizia con la messa e la comunione e termina con il rosario, recitato in famiglia. Ogni suo momento libero dagli impegni di lavoro è dedicato alla Conferenza di San Vincenzo, all’associazione dei Padri di Famiglia, al lebbrosario di Fontilles dove si reca non soltanto per una visita di cortesia ma anche per curare ed assistere personalmente i malati. Non c’è associazione cattolica di Carcagente che non possa contare sulla sua adesione e sulla sua partecipazione attiva e oggi nel suo paese lo considerano un po’ come il precursore dell’Azione Cattolica.
Quest’uomo, che fa dei veri e propri equilibrismi per conciliare lavoro e impegno ecclesiale, senza dimenticare di essere padre premuroso e marito affettuoso, riesce anche a rubare ore al sonno per l’adorazione notturna e nel 1932 è in prima fila per fondare il primo ramo dell’Azione Cattolica. Ovviamente il parroco può contare a occhi chiusi su un tal cristiano tutto d’un pezzo, che in breve tempo diventa il suo braccio destro. Allo scoppio della persecuzione religiosa, che insanguina la Spagna dall’inizio degli Anni Trenta, Pasquale finisce ovviamente subito nell’occhio del ciclone perché “è troppo cattolico” e perchè “fa le stesse cose del prete”: lui non si spaventa e non si agita, semplicemente raddoppia la preghiera e la penitenza perché nel Paese già martoriato non scorra altro sangue innocente.
Quando chiese e conventi vengono incendiati e saccheggiati, il parroco affida a Pasquale le ostie consacrate per preservarle dalla profanazione, perché sa di metterle in buone mani. Davanti a Gesù eucaristico, accuratamente nascosto in casa sua, Pasquale si alterna alla moglie in turni di veglia che si trasformano in sofferta preghiera. Ed è lui, quando il parroco è impedito o troppo strettamente sorvegliato, a portare la comunione ai malati o a scortare il sacerdote di turno per accompagnarlo nelle varie case in cui si celebra l’eucaristia in un clima da catacombe.
Tanto attivismo non può certo passare inosservato ai miliziani e per tre volte viene interrogato e trattenuto diverse ore: pur senza usargli violenza, vogliono intimorirlo e fargli sentire che ha il fiato sul collo. Non vuole nascondersi, non pensa di scappare, anzi, continua a nascondere in casa sua paramenti e vasi sacri dietro muri e tramezzi che tira su di notte, rischiando grosso, mentre la porta di casa sua è sempre aperta per ospitare suore e religiosi perseguitati. Il 25 luglio 1936 lo arrestano mentre serve messa; lo mettono in libertà 4 giorni dopo, intimandogli una specie di arresto domiciliare, ma pur non potendo varcare la soglia di casa continua ad essere punto di riferimento per l’intera parrocchia.
I miliziani si ripresentano a casa sua il 5 settembre sul mezzogiorno: Pasquale, reduce da una colica notturna, li segue, dolorante ma rassegnato, preoccupato solo che si riesca a trasferire in tempo il Santissimo Sacramento dalla sua in una casa più sicura e salvarlo così dalla profanazione. Una delle figlie, quando la sera lo va a trovare nel collegio trasformato in carcere, può constatare che papà è forte come sempre, anche se provato dagli interrogatori, dalle minacce e dalle violenze subite; sereno e rassegnato, anche se cosciente che la morte sta per arrivare. Il mattino dopo non lo trova più: all’alba è stato trasferito, insieme agli altri condannati a morte, nel cimitero di Carcagente e qui, confortando e incoraggiando gli altri, è stato fucilato. Era, questo, l’unico modo con cui i miliziani potevano fermare quel cristiano tutto d’un pezzo, che non aveva avuto paura di testimoniare la sua fede anche davanti al plotone d’esecuzione.”.

Autore: Gianpiero Pettiti

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