IL COLLASSO GRECO E L’INCONSISTENZA DELL’UNIONE (di David Taglieri)

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imagesL’Europa è in crisi e questo  senza dubbio è un dato inconfutabile, specchio di  quella crisi internazionale che sta vivendo e sta facendo  vivere allo spazio comunitario: un mosaico  di vite, territori, uomini, tradizioni non poi così facilmente omogeneizzabili e in grado di uniformarsi ai freddi parametri tecnocratici e burocratici.

Perché di politica, ovvero di gestione della cosa pubblica in campo europeo, non se ne vede traccia.

Il capolinea è stato determinato anche e soprattutto dalla volontà di rinunciare alla storia, al patrimonio greco-romano e cristiano che avrebbe dovuto  costituire il paradigma sul quale innalzare il monumento europeo.

Dovremmo ricordare che l’economia, le politiche bancarie, la finanza rappresentano un  sottoinsieme della politica e non viceversa, e ricordare che la rinuncia alla pre-politica, ovvero a tutto quel sistema di valori e principi che vengono prima della gestione della cosa pubblica, hanno  prodotto il trionfo del mix tecnica-finanza, annichilendo popoli, sovranità, autodeterminazioni.

Il cuore e la bandiera greca tuttavia non si sono fatti piegare dai freddi venti europei, anche in piena estate.

Se il referendum ha sancito l’uscita della Grecia dall’Eurocrazia, il Ministro delle Finanze tedesco  Wolfgang Schauble è convinto del salvataggio e dell’accordo, anche se la sua tesi denominata “Grexit” è da lui stesso considerata un’ipotesi al 50 per cento realizzabile.

Non poche sono state le sue raccomandazioni rivolte ai conservatori tedeschi affinché in questi giorni facciano il possibile per il salvataggio; per Frau Merkel la situazione non è semplice, parte del suo partito è con Schauble, anche se molti avrebbero preferito tagliare i  ponti con Atene.

L’Unione Europea, sempre più Unione franco-tedesca, è pronta a prestare 7 miliardi alla causa greca;  Mario Draghi, presidente BCE,  preme per una Grecia nell’area euro, rafforzata in modo da evitare la crisi bis.

La BCE ha innalzato i fondi  a 90 miliardi e apre al taglio del debito.

Il Parlamento tedesco è sulla linea del sì al piano di aiuti; sul fronte greco gli ostacoli interni mettono in risalto le fratture interne: un Paese diviso, povero, confuso con una guida poco condivisibile, ma con un leader che almeno è stato capace di alzare la testa di fronte alle speculazioni del credito internazionale e delle lobbies europee.

A livello macropolitico è arrivato il sì della Finlandia agli aiuti alla Grecia (mancano Austria, Olanda, Estonia, Slovacchia e Spagna), mentre il leader greco Tsipras sta pianificando un rimpasto di governo. Si vocifera su una squadra prevalentemente di tecnici a coadiuvare i politici (temiamo però chi vive solo di “conti”, anche in considerazione dell’esperienza italiana del governo Monti, che si è rilevata disastrosa, perché fondata dalla prevalenza della sovranità internazionale ai danni della nostra Penisola, con un premier che abbassava sempre la testa ai comandi di Frau Merkel).

Agenda: questa settimana Atene dovrà rimborsare 3,5 miliardi di Euro alla BCE, e se così non sarà si registrerà un defalut.

Intanto le condizioni sono stringenti e Bruxelles è seria: la Grecia deve adottare un nuovo codice di procedura civile e rinnovate regole bancarie.

Domenica 30 luglio Atene dovrà aver rimborsato 12 miliardi alla BCE e al Fondo Monetario Internazionale per non dichiarare il default.

Si avvicinano a settembre le nuove elezioni.

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