IL MAGISTERO DI PIO XII E L’ORDINE SOCIALE

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Pio XII, al secolo Eugenio Maria Giuseppe Pacelli, fu Papa per quasi un ventennio, dal 1939 al 1958. Nato a Roma il 2 marzo 1876, morto a Castel Gandolfo il 9 ottobre 1958, scrisse 41 encicliche e condusse il governo della Chiesa in un momento difficilissimo, a cavallo fra il secondo conflitto mondiale e l’inizio della guerra fredda.

Dinanzi alle immane tragedie del XX secolo, Pio XII non emise un’enciclica tipicamente sociale, ma impartì importanti insegnamenti sulla materia attraverso discorsi e messaggi, fra cui vanno ricordati in particolare quelli radiofonici in occasione delle festività natalizie.

Molto si è scritto in questi ultimi anni sulla figura di Papa Pacelli, soprattutto da quando fu montata ad arte una polemica – tanto speciosa quanto infondata – per il suo presunto silenzio sull’Olocausto.

Ingiustamente trascurato, invece, proprio il suo pensiero sociale ed economico.

Riporta in luce tale pensiero un recente libro di Giuseppe Brienza: “Il Magistero di Pio XII e l’Ordine sociale” (Edizioni Fede & Cultura, Verona, 2012, pagg. 109).

Partendo dagli studi di Ferdinando Loffredo (1908-2007), che fu uno dei più grandi apologeti dell’opera di Papa Pacelli, Brienza riporta nel suo libro ampi stralci del contributo pacelliano alla dottrina sociale della Chiesa. In particolare Brienza riprende uno studio del 1958 di Loffredo, intitolato “La sicurezza sociale nelle dichiarazioni del Pontefice Pio XII”.

Personaggio atipico il Loffredo. Dopo essersi definito “cattolico e fascista”, dopo avere aderito alla Repubblica Sociale e addirittura scelto, quando era capitano di fanteria, di continuare la guerra a fianco dei tedeschi, aggregandosi alla Wehrmacht, nell’immediato dopoguerra respinse, perché si sentiva “molto diverso da quella gente”, l’invito di Amintore Fanfani di collaborare con la D.C., pur potendone ricavare grandi benefici personali (Prefazione, in op. cit., p. 5).

Loffredo, che nella sua vita professionale fu un apprezzato dirigente della Confindustria e soprattutto della previdenza sociale, rifuggì incarichi politici e di prestigio per potersi dedicare più liberamente allo studio e alla diffusione del pensiero cattolico sulla famiglia, sul lavoro, sulla società: “La difesa e la promozione della famiglia naturale, in piena conformità alla dottrina sociale della Chiesa e agli insegnamenti di quel grande Papa che fu Pio XII (il cui pontificato accompagnò non piccola parte della sua vita) costituiscono il punto centrale, l’interesse costante dell’opera, tanto teorica che pratica, del Loffredo» (F. M. Agnoli, Prefazione, in op. cit.,  p. 8).

Per Loffredo – parafrasando il Papa – l’individuo deve trovare la sicurezza innanzitutto nella famiglia; in secondo luogo (e cioè laddove la famiglia non basti) nelle istituzioni intermedie, create dalle associazioni professionali e dagli enti locali, e in terzo luogo (e cioè solo quando la famiglia e le istituzioni intermedie si dimostrino inadeguate) nello Stato. Tutto ciò in omaggio al principio di sussidiarietà.

Pio XII suggeriva dunque di partire dalla famiglia: “Osserviamo che, affinché la famiglia possa dare il suo prioritario contributo alla protezione dell’individuo, occorre rafforzare nella maggioranza delle famiglie la propensione al risparmio”.

Contro tale concezione tradizionale in non pochi Paesi lo Stato moderno si andava delineando quale gigantesca macchina amministrativa: “Esso stende la sua mano su quasi tutta la vita: l’intera scala dei settori politico, economico, sociale, intellettuale, fino alla nascita e alla morte,vuol farsi materia della sua amministrazione» (Messaggio di Pio XII per il Natale del 1952).

I discorsi e i radiomessaggi di Pio XII arricchirono notevolmente il patrimonio della Dottrina Sociale della Chiesa e costituirono dei solidi fondamenti per la ripresa morale e civile dopo la catastrofe bellica. Peccato che solo in parte furono recepiti da quel partito di maggioranza e di governo – la D.C. – che pure ambiva definirsi di ispirazione cristiana.

Ferdinando Loffredo, per parte sua, offrì un contributo di primissimo rilievo perché quei principi trovassero pratica applicazione, soprattutto nel campo della previdenza sociale.

 

 

 

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