IL PATRIARCATO SOTTOMESSO

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Benedetto XVI con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I

 

Chi ha la fortuna di recarsi ad Istanbul, oltre a visitare l e g randi moschee, può allargare il suo giro alla chiesa di San Giorgio al Fanar, attuale sede del patriarcato ecumenico ortodosso. Per certi aspetti il Fanar è un po’ come il nostro Vaticano. Ma questa chiesa, che colpisce per la sua modestia, è anche l’epilogo di una storia fatta di tante vessazioni, messe bene in luce dal libro “Il Patriarcato ecumenico”, pubblicato dall’Associazione “Testimonianza Ortodossa”.

Con la caduta di Costantin opo li, avvenuta per opera dei Turchi nel 1453, per la sede del patriarcato ecumenico ortodosso comincia un doloroso pellegrinaggio da un posto all’altro della città. Da principio il patriarcato è spostato dalla splendida chiesa dedicata a Santa Sofia (requisita) alla chiesa dei Santi Apostoli, che i Turchi dopo l’occupazione del 1453 avevano ridotto ad un ammasso di macerie. Lo storico Kritovulos scrive che “…per 14 ore le orde musulmane si sono accanite contro il bellissimo tempio. Dopo aver fatto a pezzi le reliquie e le ossa degli imperatori  hanno gettato i rest i nella calce viva. Così distrutto fu consegnato ai cristiani come sede nuova del patriarcato ecumenico.” (cfr.: Stilianos Bouris, Il patriarcato ecumenico fra testimonianza e martirio, pag. 25, in: “Il patriarcato ecumenico”).

Ma non durò molto: i musulmani si ripresero quel tempio per costruirvi la moschea “Fatich”. Il patriarcato ecumenico è perciò costretto, già nel 1456, a spost are la sede a Moni Pammakaristos. Nel 1587 sarà obbligato a un nuovo trasferimento, quando il sultano Murat III decise di realizzare un’altra moschea proprio a Moni Pammakaristos, dandogli il nome di “Fetchie Camii”, che significa “tempio della vittoria”, in ricordo della conquista da parte degli Ottomani della Georgia e dell’Armenia cristiane.

Così di nuovo il patriarcato ecumenico emigra altrove, trasferendosi nella chiesa della Vergine Paramythia. Ma non basta: dieci anni più tardi, nel 1597, il patriarcato è costretto a spostare la sua sede nella chiesa di San Demetrio di Xyloportas.

Soltanto tre anni dopo, però, nel 1600 (ad un secolo e mezzo dalla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi) al patriarcato fu imposta una sede destinata a durare sino ai nostri giorni: la chiesa patriarcale di San Giorgio al Fanar. In questa piccola chiesa ancora oggi ha sede il patriarcato ecumenico, attualmente guidato da Bartolomeo I.

Non mancano, fra i suoi predecessori, casi di vero e proprio martirio. I fratelli ortodossi in particolare venerano la memoria di Gregorio V, arrestato, alla fine della liturgia pasquale del 10 aprile 1821, e dichiarato deposto dai Turchi. Il pomeriggio di quello stesso giorno fu impiccato e il suo corpo lasciato appeso per tre giorni. Infine fu trascinato per le strade della città e gettato in mare.

Anche con l’avvento, nel 1923, della Turchia laica di Kemal Ataturk le cose non migliorarono molto per il patriarcato: “Senza temere di essere smentiti, si può affermare che il patriarcato subì il martirio, anche come istituzione, dal 1923 in poi, con la caduta del califfato dopo la deposizione del sultano Maometto VI e il sorgere del nuovo stato laico turco, il quale ha perseguitato la martoriata Chiesa di Costantinopoli ostacolandola nello svolgimento della sua missione pastorale ed ecclesiastica e spogliandola dei suoi diritti attraverso una serie di decreti miranti a toglierle ogni spazio vitale…” (cit., pag. 27).

Anche in tempi recenti la situazione non è migliorata, anzi! Dagli anni ’90 fino ai nostri giorni il patriarcato ecumenico attraversa un periodo di particolare difficoltà, perché l’esodo per sfuggire alle violenze e alle azioni ostili ha causato la quasi totale scomparsa del suo gregge ortodosso, limitato a un numero di sole 3.000 persone ( Stilianos Bouris, op. cit., pag. 31).

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