Tra i personaggi più calunniati del cosiddetto anti-risorgimento c’è sicuramente Antonio Capece Minutolo, Principe di Canosa, (Napoli, 1768-Pesaro, 1838). Fu ambasciatore di Ferdinando IV di Borbone in Spagna, due volte ministro di Polizia, Consigliere del Duca di Modena Francesco IV. Legittimista, contro-rivoluzionario, contrastò le teorie rivoluzionarie con una vigorosa battaglia intellettuale e politica e fu un generoso difensore della legittimità, dei diritti della Chiesa e dei Borbone di Napoli, delle prerogative della nobiltà. A lui si addice bene la formula “sempre per il Re, anche se qualche volta nonostante un Re”. Aveva previsto i moti rivoluzionari del 1820, aveva denunciato i pericoli della “politica dell’amalgama” e dell'”oblio” con cui si coprirono le gravi responsabilità dei giacobini del 1799 e dei murattiani del 1806.
E infatti il Principe di Canosa si opponeva strenuamente alla “politica dell’amalgama”, che pretendeva di lasciare al proprio posto i quadri della burocrazia del Regno e gli ufficiali dell’esercito, che avevano fatto carriera grazie alle simpatie rivoluzionarie (cioè bonapartiste e murattiane).
Ma il principe di Canosa fu ben più che un uomo politico: fu anche e soprattutto un politologo, un ideologo della Tradizione ed un sostenitore del ruolo degli antichi ordini – soprattutto dell’aristocrazia – nel governo dello Stato, contrapponendosi così ai fautori della monarchia assoluta.
(Gianandrea de Antonellis, Il Principe di Canosa profeta delle Due Sicilie, Edizioni “Il Giglio”, prima edizione 2018, pagine 120)