IL RIFERIMENTO ALLE COMUNI RADICI CRISTIANE NEL PREAMBOLO DELLA NUOVA COSTITUZIONE EUROPEA

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250px-jacques_chirac_at_the_g8_16_july_2006.jpg Il 20 giugno, nel corso del prossimo vertice di Salonicco, la Convenzione europea depositerà la bozza della nuova Costituzione.

In questi giorni si sta lavorando e discutendo sugli ultimi aspetti. In nome della laicità e dei principi liberali, alla Convenzione europea sta passando un preambolo della nuova Carta dai connotati fortemente antidemocratici.

Così recita il preambolo in questione: “La Costituzione si ispira alle eredità culturali, religiose e umaniste dell’Europa nutrita inizialmente dalla civiltà ellenica e romana, poi dalle correnti filosofiche dei Lumi“. Come nota il cardinale Piovanelli sul Corriere della Sera del 2 giugno 2003, omettendo in un sol colpo dodici secoli di storia – la storia di tutta la cristianità europea e occidentale – si compie un vero e proprio salto mortale, passando dai residui pagani del IV secolo direttamente ai prodromi dell’Illuminismo.

Una scelta che, si diceva, ha connotati autoritari e poco democratici. E infatti in base ad un sondaggio condotto dall’Istituto Eurisko e commissionato dal Gruppo editoriale “L’Espresso”, pubblicato su “La Repubblica” dello scorso 30 maggio, la maggioranza degli intervistati, con una percentuale del 75%, si è dichiarata favorevole affinchè all’interno della nuova Costituzione europea vi sia un riferimento esplicito alle comuni radici cristiane del continente.

Appena il 12% si è espresso per il no, mentre il 13% si è mostrato indeciso. Dunque su questo tema i richiami e gli appelli fatti da Giovanni Paolo II vanno, nè più nè meno, nella medesima direzione di quanto la gente pensa e vuole. D’altronde l’Europa di oggi è costituita non solo dagli atei e dai “liberi pensatori” di professione, ma anche da milioni di cattolici, di evangelici, di anglicani, di ortodossi e così via, che sono, piaccia o no, maggioranza. I loro predecessori nella fede, nel male ma – sia consentito – anche nel bene, hanno per secoli e secoli contribuito a costruire un’Europa che è tutt’oggi un modello di civiltà, imitato ed ammirato. L’arte, la letteratura, la scienza, persino la struttura stessa delle nostre città, diverrebbero incomprensibili se si cancellasse il fatto cristiano. In questo grande cammino vi sono stati sicuramente tanti limiti, per molti dei quali lo stesso Giovanni Paolo II ha invocato il perdono di Dio e degli uomini. Ma forse che i “lumi” del razionalismo e della “modernità” sono an dati esenti da limiti di ogni genere ? Come considerare allora quella scia di sangue che dal Terrore giacobino, passando per le ideologie utopistiche e per i nazionalismi estremi, è poi sfociato nei campi di concentramento nazisti e nei gulag del socialismo real e?

Scrive il cardinale Piovanelli: “La storia non si cancella. Poichè qui si tratta di un preambolo di carattere storico, le inadeguatezze del riconoscimento del ruolo del cristianesimo non è una sconfitta del Vaticano, ma una insufficienza dinanzi alla storia e quindi una sconfitta degli estensori“.

Roberto Cavallo

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