INCHIESTA SUL DARWINISMO: COME SI COSTRUISCE UNA TEORIA. SCIENZA E POTERE DALL’IMPERIALISMO BRITANNICO ALLE POLITICHE ONU

1274

 

Un libro raccomandato da recensioni-storia.it!

 

La cronaca e l’attualità mostrano che nel mondo contemporaneo la scienza ha assunto la funzione di legittimare il potere: molte delle scelte più importanti (bioetica, ambiente, biotecnologie, ecc.) non possono, infatti, essere compiute senza il sostegno di questa autorità, l’unica in grado di generare un consenso unanime.

Questo stato di cose ebbe inizio nel ‘600, quando nell’Inghilterra protestante si fece strada l’idea di uno Stato legittimato da una classe di scienziati. Fu Francesco Bacone a proporlo nel suo scritto “Nuova Atlantide”.

Da quell’idea nacque la Royal Society, la “casta sacerdotale” di scienziati che avrebbe supportato l’impero britannico. Tuttavia fu ben presto evidente che quella casta aveva bisogno di un testo di riferimento, di una nuova Bibbia capace di offrire una originale visione del mondo. L’occasione buona sarebbe giunta nel 1859, quando Charles Darwin, al termine del suo viaggio intorno al mondo, pubblicò “L’origine della specie”.

Era una teoria – quella evoluzionista – che si prestava a diventare una sorta di seducente mito moderno della creazione, un mito basato sulle idee classiste dell’economista Thomas Malthus, che a sua volta facevano riferimento alla scarsità delle risorse disponibili e alla conseguente lotta per la sopravvivenza, con il successo dei più dotati.

Da allora quelle idee si sono affermate come verità di natura, giungendo ad orientare le politiche degli Stati occidentali e delle Organizzazioni internazionali – non esclusa l’ONU – n el campo d ella contraccezione di massa e del controllo della popolazione.

Una vicenda, questa, magistralmente narrata nel recentissimo libro di Enzo Pennetta, docente di scienze e impegnato nella didattica delle scienze e dei processi culturali: “Inchiesta sul darwinismo. Come si costruisce una teoria. Scienza e potere dall’imperialismo britannico alle politiche ONU” (Edizioni Cantagalli, Siena, 2011, pagg. 211).

E’ difficile riassumere in poche righe la ricchezza delle argomentazioni idonee a sconfessare il messaggio maltusiano-evoluzionista, ormai considerato – specie in Europa – alla stregua di un dogma intoccabile. Eppure anche oggi nel mondo accademico non sono sconosciute, ricorda l’Autore, le posizioni di scienziati contemporanei come Jay Gould e Niles Eldredge, che nei loro studi hanno evidenziato ciò che emerge dalla documentazione fossile e che da sempre è ben noto ai paleontologi: il permanere in modo invariato delle specie per milioni di anni.

Questa evidenza, nota con il nome di “stasi”, è di fatto la regola nella storia biologica della Terra, l’opposto del presunto gradualismo che animerebbe l’evoluzione; il contrario di quel “…cambiamento continuo e graduale espresso da Darwin col suo natura non facit saltum.” (pag. 169). Così, per restare al campo della paleontologia, è noto in ambito accademico il falso rappresentato dall’uomo di Piltdown, presunto anello di congiunzione fra l’uomo e la scimmia. Nel 1953 fu scoperto che la mandibola del reperto apparteneva ad un “orangutan” del Sarawak, mentre i denti appartenevano a uno scimpanzé ed infine il cranio era quello di un uomo medievale…

Non solo: l’evoluzionismo come presentato da Darwin contrasta con le leggi di Mendel, secondo cui i caratteri ereditari sono stabili, al contrario di quelli acquisiti dall’ambiente che non sono suscettibili di essere trasmessi. In tal senso valgono, per esempio, gli esperimenti che già alla fine dell’800 realizzò il biologo tedesco August Weismann (1834-1914), il quale appurò che il taglio della coda nei topi non è ereditabile, anche se ripetuto per diverse generazioni (pag. 61).

L’evoluzionismo non si limita ad attaccare la prospettiva di un “disegno intelligente” posto alla radice della creazione, ma presenta delle ricadute sociali che nel corso della storia recente hanno legittimato la legge del più forte. Così, per esempio, la Royal Society giustificava la presunta superiorità inglese (esempio di specie evoluta) rispetto agli indigeni dell’impero coloniale, considerati invece quali “razze inferiori” destinate gradualmente a scomparire.

Dopo la traumatica esperienza “eugenetica” proposta dal nazional-socialismo (un cugino di Darwin, Francis Galton, fu fra i fondatori dell’eugenetica), oggi tracce di questa ideologia non mancano in organizzazioni che – direttamente o indirettamente – fanno capo all’ONU. Si tratta – secondo l’Autore – soprattutto di certe ben note agenzie che predicano la pianificazione familiare e il controllo delle nascite nei Paesi poveri, muovendo sempre dallo stesso inconfessato assunto della selezione naturale all’interno dell’evoluzione. 

Proprio i risvolti sociali e politici dell’evoluzionismo, ricorda Pennetta, sarebbero alle radici del successo del darwinismo e del neo-darwinismo, sino  ad assurgere a dogma incontrastato e incontrastabile. La modernità ne ha fatto una sorta di nuova religione laica; mentre se fosse rimasta semplice ipotesi scientifica – in quanto tale mai condannata dalla Chiesa – tanti disastri ideologici del ‘900 si sarebbero evitati.

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui