La consacrazione è una cosa seria. Si tratta di offrire se stessi, una famiglia o una nazione a Dio e chiederne la protezione. Nel caso specifico che ha fatto tanto discutere nei giorni scorsi, Matteo Salvini ha affidato l’Italia al Cuore immacolato di Maria, ribadendo quanto aveva fatto a Milano durante un comizio nel maggio scorso. La cosa non dovrebbe stupire più di tanto. L’Italia è un Paese consacrato a Maria (Catania, 1959) e si ricorderà la bellissima preghiera per l’Italia di Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005) del 1994, nonché l’atto di affidamento a Maria nel 2000, quando il Pontefice polacco consacrò la Chiesa e il mondo intero, all’alba del Terzo Millennio, alla protezione della Madre di Dio.
La novità è rappresentata dal fatto che sia un uomo politico a riprendere questi gesti, ma questo, se la libertà religiosa non è un’espressione vuota, non dovrebbe suscitare risentimenti particolari.
Stupiscono pertanto le reazioni provocate dal gesto. Le si sono potute osservare in diretta televisiva durante il dibattito successivo alle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e davvero si rimane esterrefatti per le reazioni scomposte, quasi isteriche, di fronte alle esternazioni “religiose” di Salvini, quasi come se il ministro avesse toccato un nervo scoperto.
Perché, infatti, una reazione simile nel non credente, al quale nulla dovrebbe importare dei richiami “religiosi” di chicchessia? Ma stupiscono ancora di più le reazioni scomposte di molti credenti, anche autorevoli. Si possono avere delle riserve circa l’opportunità, la sede istituzionale, la circostanza, ma si dovrebbe riconoscere anche che Salvini ha esposto se stesso, il proprio impegno politico, non quello istituzionale, e ha chiesto la protezione del popolo al quale tutti apparteniamo. Non è possibile sapere quali siano le sue intenzioni, se cioè nel proprio cuore ci sia un mero calcolo elettorale oppure se sia sincero, o entrambe le cose: ma se da cattolici si deve rifiutare non solo il giudizio ma anche il sospetto temerario, allora sarebbe bene semplicemente tacere.
Piuttosto a Salvini non è stata fatta la domanda più importante. Proprio perché è una cosa seria, la consacrazione necessita tutto l’impegno dell’offerente. Non soltanto le offerte, ma i fatti e anche le parole. Non soltanto le invocazioni, ma l’impegno pubblico per la vita contro l’eutanasia, per la famiglia e per il matrimonio come istituti che fondano la vita pubblica. Gli uomini politici vanno giudicati sulla base dello sforzo e, nella misura in cui ne hanno la possibilità, sull’attuazione, nella propria azione politica, dei princìpi della dottrina sociale della Chiesa, «parte integrante della Rivelazione cristiana». È vero che un “contratto di governo” escludeva questa possibilità, ma rimane il fatto che, accanto all’esibizione della corona del Rosario, sarebbe bene che il segretario della Lega impegnasse se stesso e il partito che guida sui princìpi della dottrina sociale in un modo altrettanto esplicito e netto di quanto ha fatto invocando la protezione della Vergine.