Un’ondata di repressione senza precedenti ha colpito la comunità cristiana in Iran, con un totale sconvolgente di oltre 250 anni di carcere solo nel 2024.
Un’escalation feroce, quasi sei volte superiore rispetto all’anno precedente, che testimonia l’intensificarsi di un clima oppressivo che negli ultimi cinque anni si è abbattuto sulla minoranza religiosa.
I dati raccolti da un recente rapporto, diffuso dal sito specializzato Article18, rivelano un drammatico peggioramento della situazione, delineando un quadro di persecuzione a sfondo religioso sempre più allarmante.
I numeri parlano chiaro: nel 2024 almeno 96 cristiani, la maggior parte dei quali convertiti dall’islam in un Paese a stragrande maggioranza musulmana sciita, sono stati condannati a un totale di 263 anni di carcere, rispetto ai “soli” 43,5 anni inflitti a 22 cristiani nel 2023. Un incremento vertiginoso, in parte attribuibile all’impennata di arresti nella seconda metà del 2023, ma che riflette anche una chiara volontà delle autorità iraniane di infliggere pene detentive sempre più severe.
Tutte queste condanne affondano le radici nella fede e nelle attività religiose dei condannati, come sottolinea il rapporto intitolato “La punta dell’iceberg”, un titolo eloquente che lascia intendere come molti altri casi restino ancora nell’ombra.
La rivelazione di oltre tre milioni di fascicoli giudiziari, trafugati dai tribunali di Teheran e risalenti al periodo 2008-2023, ha portato alla luce almeno 300 casi che coinvolgono direttamentemembri della comunità cristiana.
Il timore di ritorsioni e il clima di terrore imposto dalle autorità hanno costretto il 58% delle vittime a rimanere in silenzio, nascondendo le loro sofferenze agli occhi del mondo.
Il rapporto svela anche come le autorità iraniane abbiano criminalizzato la semplice esistenza dei cristiani: essere accusati di possedere una Bibbia o cantare inni di culto durante una funzione religiosa sono diventate prove di reato, mentre i fedeli vengono etichettati come membri di una “setta” pericolosa per la sicurezza dello Stato.
Per questo, dobbiamo alzare la voce, denunciare queste ingiustizie ovunque e comunque. La sofferenza di questi cristiani deve diventare una priorità assoluta per tutti.
In Iran, dove vivono circa 300mila cristiani su una popolazione di 86 milioni di abitanti, le minoranze religiose sono costantemente sotto pressione.
Le proprietà confiscate, il controllo delle finanze e gli interrogatori estenuanti sono diventati la norma per chi professa apertamente la propria fede.
Lo scopo? Smantellare ogni forma di sostegno alla comunità cristiana, cercando prove inesistenti di finanziamenti stranieri per giustificare ulteriori repressioni.
Nella seconda metà del 2024, almeno cinque città iraniane sono state teatro di nuove ondate di arresti, orchestrati dai servizi segreti del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Pasdaran, IRGC).
Gli accusati sono stati perseguiti sulla base di un emendamento all’articolo 500 del Codice penale islamico, che prevede fino a 10 anni di carcere per chiunque riceva presunti“aiuti esterni”.
Una tattica che mira a strangolare finanziariamente le comunità cristiane, criminalizzando persino le donazioni e le offerte caritatevoli, pratiche comuni per i fedeli di tutto il mondo.
La pubblicazione di questo rapporto è un grido d’allarme rivolto alla comunità internazionale: la repressione religiosa in Iran ha raggiunto livelli insostenibili, e il futuro della comunità cristiana è più incerto che mai.
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