ISLAM:DALL’APOSTASIA ALLA VIOLENZA (Corriere del Giorno, 4 dicembre 2008, pag. 32)

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9788882723804g1Samir Khalil Samir è un gesuita egiziano, che ormai divide il suo tempo principalmente fra Roma (dove insegna al Pontificio Istituto Orientale) e Beirut (dove è docente presso l’università St. Joseph).
Anche per le sue origini, è fra i massimi esperti di Islam e di mondo arabo, scrittore e relatore stimato tanto in Occidente quanto in Oriente.
Autore di varie opere, la sua ultima fatica è pubblicata dalle Edizioni Cantagalli di Siena con il titolo: “Islam, dall’apostasia alla violenza” (2008, pagg. 223, euro 16,80).
Dalla lettera “A” alla lettera “V”, il libro raccoglie una serie di saggi di padre Samir su varie tematiche legate al mondo musulmano, pubblicati in questi ultimi anni per conto dell’Agenzia di informazione AsiaNews.it
Il volume compie un’analisi molto franca sullo stato dei rapporti fra Islam ed Occidente, offrendo squarci di luce su verità da noi troppo spesso celate.
Si scopre così che anche nei Paesi musulmani comunemente considerati moderati “…la propaganda islamica è un dovere dello Stato: in Egitto ogni settimana vanno in onda programmi televisivi che propongono canzoni, preghiere, film, rubriche inneggianti all’Islam e deprecativi del Cristianesimo, stimolando senz’altro le conversioni all’islam. La propaganda cristiana è invece proibita per legge.” (pag. 160). Non a caso nel mondo musulmano gli imam sono impiegati e stipendiati dallo Stato.
Di recente, scrive padre Samir Khalil Samir, perfino nella laica Algeria è stata varata una nuova legge che condanna chi promuove la fede cristiana e chi si converte. Così accade che almeno sette Paesi islamici applicano la pena di morte per i convertiti che abbandonano l’Islam. In Sudan, Iran, Arabia Saudita, Nigeria, Pakistan, Mauritania si applica la pena di morte; ma altri Stati – come l’Egitto – condannano alla reclusione, se non per apostasia, comunque per oltraggio all’Islam. Tale discriminazione ha conseguenze pratiche nella vita di tutti i giorni. All’anagrafe egiziana chiunque nasce è automaticamente registrato come musulmano. All’eventuale richiesta di modificare tale dato ci si sente rispondere che è “complicato”, e che essere musulmano è certamente un vantaggio. Questa ripugnanza non è dovuta alla lentezza della burocrazia egiziana perché, nel caso opposto, non si incontrano difficoltà nella modifica della carta di identità di un cristiano che voglia farsi musulmano. Il fenomeno, commenta l’Autore, è esteso ed è finalizzato ad islamizzare il maggior numero di Cristiani (che in Egitto sono circa sette milioni in gran parte di rito copto). La stessa legislazione egiziana stabilisce che i figli “appartengono alla religione migliore” (pag. 143). La Tunisia, altro Paese comunemente considerato moderato, non rilascia facilmente certificati di stato libero alle donne tunisine che intendano sposare un cristiano, anche se da tempo esse vivono in Italia.
Altra problematica affrontata da padre Samir con abbondanza di riferimenti ed argomentazioni è quello della violenza islamista: “Non si può negare che nell’islam cova un seme di violenza accanto a quello della pace. E va anche detto a chiare lettere che i semi di violenza sono stati più coltivati di quelli di pace. Purtroppo alcuni intellettuali cattolici, per rispetto all’Islam, nascondono questo elemento e non rendono servizio né all’Islam, né alla verità. Qualcuno dirà che anche i cr istiani coltivano semi di violenza. E’ vero, ma la violenza espressa dai cristiani non è teorizzata nel Vangelo. Nell’Islam invece è proprio il libro fondatore della religione che presenta questi semi.” (pag. 192).
Padre Samir prosegue affermando che quando qualcuno, specie nel mondo arabo, dice che “l’Islam è pace”, lo fa di solito in modo strumentale. 4seohunt.com/www/www.recensioni-storia.it. Attualmente, infatti, ambienti musulmani – specialmente sauditi – sono fortemente preoccupati per una certa islamofobia che dal 2001 in poi si sta diffondendo in Occidente, e per questo si affrettano a condannare gli atti terroristi, ma – dice padre Samir – “…solo per proteggere l’Islam stesso, e domani, quegli stessi che oggi parlano, potrebbero tacere di fronte ad altri misfatti”.
Per padre Samir sorge dunque l’esigenza improcrastinabile di purificare il messaggio di Maometto: è questo il grande compito che attende i Musulmani nell’ora presente! Ma come realizzare tutto ciò?
Il fondamentalismo, afferma l’Autore, potrà essere superato solo con una nuova generazione di interpreti del Corano. Essi dovranno, in particolare, privilegiare le sure del periodo meccano rispetto a quelle medinesi: le prime hanno un afflato più spirituale e religioso; le seconde, invece, sono anche portatrici di un messaggio fortemente politico. Nell’esilio di Medina, infatti, Maometto non disdegnava di comportarsi come un capo guerriero dell’epoca, in più circostanze spietato nei confronti di nemici ed oppositori. Bisogna dunque che nuove generazioni di imam purifichino ed interpretino il Corano in senso moderno, e comunque compatibile con il rispetto della donna e delle minoranze religiose.
Quali invece i compiti dell’Occidente? Secondo l’Autore i Cristiani e gli Occidentali in genere hanno una grande responsabilità nel processo di avvicinamento dei Musulmani alla modernità. Si tratta, infatti, di superare quelle false nozioni di multiculturalismo e di buonismo oggi imperanti nella nostra cultura corrente, che di fatto fanno il gioco dell’islamismo più violento ed intransigente. Operare continue concessioni amministrative alle pressanti richieste delle comunità islamiche in Europa (chiese trasformate in moschee, progressiva accettazione della poligamia, eliminazione dei simboli cristiani da alcuni edifici pubblici, istituzione di scuole islamiche e di cibo islamico nelle mense scolastiche e aziendali, e così via), secondo padre Samir ha quale unica conseguenza quella di rafforzare lo spirito di chiusura di tali comunità, che si sentiranno legittimate ad avanzare sempre nuove richieste, irridendo all’arrendevolezza occidentale. In taluni ambienti cattolici talora si giunge addirittura a rifiutare il battesimo al musulmano che lo chiede, in omaggio ad un malinteso spirito ecumenico!
Tutto ciò di fatto impedisce una reale integrazione con la società che li circonda. Per cui – così si conclude il libro – : “…occorre che l’Europa recuperi la pienezza dei propri valori cristiani e che il pensiero islamico apra le sue porte alle sfide della modernità, ponendo l’essere umano e la sua dignità al centro di tutto.”
Ecco allora individuata la chiave di volta: il dialogo con l’Islam non può prescindere da una reale reciprocità di trattamento, sul comune fondamento dei diritti umani internazionalmente riconosciuti.
Soltanto così si potrà evitare che il progetto islamista di eliminare la presenza cristiana nei Paesi arabi venga silenziosamente portato a compimento.

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