LA CINA E IL BOOM DELLO SCANDALO (Corriere del Giorno, 23 febbraio 2008, pag.5)

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laogai1.gifDisponibile in libreria da poche settimane, “Controrivoluzionario. I miei anni nei gulag cinesi”, di Harry Wu (Edizioni San Paolo, 2008, pag.422), è un libro autobiografico carico di testimonianze sconvolgenti.

Uscito originariamente nel 1994 negli Stati Uniti, con il titolo “Bitter Winds” (Venti amari), il volume appare ora nella versione italiana grazie anche al contributo di “Mondo e Missione”, la rivista del Pontificio Istituto Missioni Estere.

Harry Wu è stato uno dei milioni di cinesi bollati come “controrivoluzionari e per questo finiti nei LAOGAI.

laogai_esecuzioni.JPG Nato nel 1937, studente cinese di geologia appartenente a una famiglia alto-borghese di Shangai, simpatizzante per la rivoluzione che vedeva come la via per la modernizzazione della Cina, diede credito, in perfetta buona fede, alla campagna detta «dei Cento Fiori», lanciata da Mao Zedong nel 1957, secondo cui diventava possibile e anzi opportuno criticare sinceramente i difetti del regime comunista.

Arrestato per questo dalle autorità comuniste nel 1960, fu condannato (senza processo!) ad una pena indefinita, che di fatto durò 19 anni di dura prigionia. Durante quei lunghi anni Harry Wu (in cinese Wu Hongda) fu trasferito in 12 differenti campi di lavoro: lui stesso picchiato, torturato e quasi ridotto alla morte per fame, col passare dei mesi vedeva venir meno uno ad uno i suoi compagni di prigionia, per le brutalità, per denutrizione o per suicidio. Finalmente rilasciato nel 1979, nel 1985 riuscì a raggiungere gli Stati Uniti e da allora lotta per ristabilire i diritti umani nel suo Paese. Lotta soprattutto per far conoscere all’opinione pubblica e ai governi del mondo la realtà dei LAOGAI. LAOGAI è l’acronimo di Laodong Gaizao Dui, che significa “riforma attraverso il lavoro”. Nella Cina di oggi, quella che con cura minuziosa si prepara ad ospitare i prossimi giochi olimpici, che nelle intenzioni del governo di Pechino dovranno essere la vetrina internazionale per celebrare il proprio successo economico, esistono più di mille LAOGAI. Le condizioni di vita in questi campi di rieducazione sono tremende: l’orario di lavoro arriva fino a 16 ore al giorno, da trascorrere nei campi, nelle fabbriche o, peggio ancora, nelle miniere quasi sempre prive delle condizioni minime di sicurezza e di igiene. La sera i prigionieri sono obbligati a seguire le sessioni di studio e di indottrinamento forzato ai principi del socialismo. L’obiettivo è diventare “nuove persone socialiste”, o comunque “fiduciose nel socialismo”.

Harry Wu nel suo libro racconta quanto fosse apprezzata la delazione fra detenuti e l’autocritica continua per dimostrare concretamente i propri progressi nell’ideologia comunista. Questa autocritica aveva luogo davanti ai sorveglianti e agli altri detenuti, ed era finalizzata a riformare la propria personalità. Si trattava – e si tratta – di una vera e propria “riprogrammazione del cervello“. Torture e condanne alla pena capitale sono poi delle costanti, anche per infrazioni minime … I LAOGAI costituiscono lo strumento prioritario di repressione contro dissidenti, religiosi e credenti di tutte le religioni. In augur ati da Mao nel 1950, oggi accolgono milioni di uomini e donne condannati ai lavori forzati a vantaggio economico del regime e di diverse multinazionali, che investono e producono in Cina a costo zero. E’ così che i nostri mercati sono invasi da mercanzie e prodotti che, parzialmente o totalmente, nascono dal lavoro forzato e dallo sfruttamento umano.

Nella post-fazione del libro vengono riportate alcune delle più significative iniziative internazionali volte a denunciare il sistema LAOGAI. Nel febbraio 2005, un rapporto del Gruppo di Lavoro dell’ONU sull’ ”Imprigionamento Illegale” ha condannato le leggi repressive cinesi. Nel maggio dello stesso anno, anche il Comitato dei Diritti Sociali ed Economici delle Nazioni Unite ha richiesto alla Cina l’ abolizione del lavoro forzato. Il 16 dicembre 2005, il Congresso U.S.A. approvò la Risoluzione Wolf, che denunciava il sistema LAOGAI, la repressione religiosa, le esecuzioni di massa, il traffico di organi espiantati dai condannati a morte e la continua violazione dei diritti umani. Meno di un anno fa, il 10 maggio 2007, anche il Parlamento tedesco adottava a grande maggioranza una risoluzione che condanna il sistema dei LAOGAI. Non è molto, ma qualcosa, dunque, è stato fatto; e molto di ciò che è stato fatto lo si deve proprio all’opera di Harry Wu, che negli Stati Uniti, dove ha acquisito la cittadinanza americana, ha fondato e dirige la LAOGAI Research Foundation, con cui continua a condurre la sua difficile ed instancabile battaglia per restituire dignità umana a quanti da troppo tempo ne sono stati privati.

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