LA CONDIZIONE DELLE DONNE IN IRAN (Il Corriere del Sud, n°4/2008, 15 maggio, pag.3)

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iran_cartina.jpg La condizione femminile in Iran, fin quando è durato il governo dello Scià, poteva considerarsi accettabile rispetto al resto del mondo islamico, con un grado di emancipazione non disprezzabile. La modernizzazione filo-occidentale aveva prodotto i suoi frutti: nel mondo del lavoro, nelle professioni, nella moda …; poi è venuta la rivoluzione khomeinista.

Una volta al potere, nel 1979, i mullah imposero numerose restrizioni sociali. Fu abolito il codice di famiglia del 1967, che pure garantiva una certa uguaglianza fra i sessi, e fu introdotto l’obbligo del velo. Khomeini dispose il modo con cui le donne avrebbero dovuto vestire negli uffici e nei luoghi pubblici. Secondo la giornalista Giuliana Sgrena si trattò insomma di “… un vero e proprio choc per le donne, che sono immediatamente scese in piazza l’8 marzo del 1979, un mese esatto dopo l’ inizio della Rivoluzione islamica. Nonostante le rassicurazioni ottenute dal governo, secondo il quale le donne avevano frainteso il messaggio dell’ayatollah Khomeini, l’obbligo del velo è rimasto in vigore fino ad oggi. La Rivoluzione islamica non ha imposto solo il velo. Contro le ”leggi misogine” e la discriminazione dei sessi contenuti nella sharia è stata organizzata una manifestazione il 12 giugno del 2006, stroncata sul nascere dall’intervento delle forze antisommossa” (Giuliana Sgrena, Il prezzo del velo. La guerra dell’Islam contro le donne, Feltrinelli, 2008, pag.27).

Sotto la presidenza di Ahmadinejad le cose, se possibile, sono peggiorate. Gli uomini della polizia religiosa a Teheran e nelle altre città sfrecciano per le strade su grosse autovetture controllando che il livello di moralità pubblica, specie per quanto riguarda le donne, sia adeguato alle prescrizioni khomeiniste. I polsi, le caviglie, il volto e il mento: tutto deve essere ben velato dallo chador. Le donne “mal velate” incrociate per strada dai pasdaran, vengono accompagnate nelle centrali di polizia e costrette a sottoscrivere una dichiarazione di pentimento per evitare problemi. L’obbligo del velo condiziona pesantemente anche le sportive iraniane, costrette a gareggiare con larghi vestiti simili allo chador. In occasione della giornata della donna dell’8 marzo 2007, Teheran è stata attraversata da manifestazioni e proteste femminili; il tutto si è concluso con una quarantina di arresti. Più pesante il bilancio del mese successivo, come ancora scrive Giuliana Sgrena: “… Ma per alcune migliaia non è bastato pentirsi e nella sola Giornata nazionale del velo (21 aprile 2007) ne sono state arrestate ben milletrecento. La giornata nazionale del velo è stata indetta in un periodo in cui, con l’avanzare della primavera, il caldo soffocante rende più urgente la necessità di alleggerire gli spolverini. Il presidente Ahmadinejad ha fatto varare nuove leggi restrittive sull’abito islamico con pesanti multe per chi trasgredisce portando abiti trasparenti o attillati, foulard che lasciano sfuggire ciocche di capelli, fuseaux troppo corti, smalto sulle unghie. Tutte piccole trasgressioni, strappate centimetro per centimetro in questi anni …” (ibidem, pag.26).

Dopo la Rivoluzione nel governo non c’è stato più posto per l’elemento femminile, e le donne, anche se in generale il loro grado di istruzione è notevolmente migliorato, restano escluse, con rare eccezioni, da alcuni settori fondamentali come la giurisprudenza, la ragioneria, il commercio, l’ingegneria… Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace nel 2003, ne è un esempio vivente. Magistrato sotto la monarchia dello Scià, è stata costretta a cedere la sua carica perché agli ayatollah non andava bene che una donna giudicasse degli uomini. Diventata avvocato per occuparsi attivamente dei diritti umani, la sua battaglia è tanto difficile quanto indomita. Scrive di lei la giornalista ed eurodeputato Lilli Gruber: La sua è una battaglia senza fine: nel 2006 in Iran quattro donne sono state impiccate in pubblico e altre otto attendono l’esecuzione nel braccio della morte. Si stima che siano almeno 300.000 le ragazze fuggite di casa e ogni mese una media di 45 giovani tra i sedici e i venticinque anni vengono portate in Pakistan per essere avviate alla prostituzione” (Figlie dell’Islam, Rizzoli, 2007, pag. 284).

Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), nella sua pubblicazione “Guida di buone pratiche. Violenza di genere nei confronti di donne rifugiate”, nel capitolo dedicato all’Iran riferisce che le impiegate governative che violano il codice di abbigliamento vanno incontro prima ad una temporanea sospensione dal lavoro per due anni, poi all’espulsione, sino alla definitiva privazione di ogni impiego pubblico (parte 1^, pag.13, novembre 2002).

L’articolo 1117 del codice civile recita: “Il marito può vietare a sua moglie le occupazioni e i lavori tecnici che sono incompatibili con gli interessi della famiglia o con la dignità di sua moglie”.

Decine di migliaia di donne dal 1979 sono state arrestate per motivi politici, spesso torturate e giustiziate nelle famigerate prigioni di Evin, a Teheran.

Molte sono decedute durante le torture. In base ad una consuetudine religiosa le vergini condannate alla pena capitale devono essere stuprate prima di essere giustiziate, perché le vergini non vanno in paradiso. Tale pratica è ricordata dal CIR e dal recente libro di Marina Nemat (“Prigioniera a Teheran”, 2007, Cairo Editore, Milano, pagg. 317).

Per il giornalista e scrittore Carlo Panella (cfr. Piccolo atlante del Jihad. Le radici del fondamentalismo islamico, Oscar Mondadori, Milano, 2002, pag. 69), “…L’avvento della repubblica islamica si configura allora come un vero e proprio contrattacco maschilista a una liberazione della donna già in atto. Contrattacco che usa … i mezzi e le forche del terrore per reintrodurre nel corpo sociale le regole della schiavitù femminile. Il risultato è agghiacciante e si esemplifica nel ritorno alla pratica di massa del matrimonio con bambine che non abbiano ancora avuto la prima mestruazione. Un matrimonio che spesso inizia con un vero e proprio stupro pedofilo che garantisce il totale ed esclusivo possesso della donna riproduttrice e quindi la certezza matematica del controllo maniacale della continuità del proprio sangue incontaminato. La famiglia costruita in questa maniera, coartando e sottoponendo all’occhiuta giustizia dei tribunali islamici gli atti e le ispirazioni delle donne… è il baricentro su cui si basa tutto lo Stato islamico (inclusi la lapidazione delle adultere con pietre non troppo pesanti e non appuntite e il supplizio in stato pre-agonico cosciente, non inferiore, per prescrizione della sharia, ai venti minuti)”.

Così centinaia di donne sposate di varia età sono state lapidate in tutto l’Iran per il reato di adulterio. Lo stesso accade per gli uomini, ma con una differenza: al momento della lapidazione gli uomini vengono interrati sino alla vita, mentre le donne fino al collo. Cosa cambia? Molto, se si considera che la sharia consente l’impunità a coloro che nel corso dell’esecuzione riescono comunque a divincolarsi e a liberarsi dal terreno. Dunque anche nell’ultima agonia del supplizio la donna ha una posizione di inferiorità rispetto all’uomo. Alcuni siti islamisti contestano tale dato, riferendo che la lapidazione attualmente in Iran viene comminata al di fuori dei tribunali ordinari, e cioè solo da quelli tribali. Resta il fatto che tale pratica venga comunque ampiamente tollerata …

Chi invece, non essendo sposato, viene scoperto a compiere atteggiamenti ritenuti indecenti, è passibile della fustigazione. C’è da dire che in tale contesto esasperato perfino un casto bacio sulla fronte può diventare rischioso, soprattutto per una donna. Così fu per l’attrice Gohar Kheyr Andish, che per aver compiuto tale gesto nei confronti del vincitore di un festival cinematografico, di cui la donna era madrina, ha subito il processo religioso e la condanna a 74 frustate. E’ quanto riportato da “Il Messaggero” del 23 aprile 2003 (Iran, attrice condannata a 74 frustate per un bacio sulla fronte, pag.4). Quel bacio era un gesto evidentemente materno, considerato che la donna aveva cinquant’anni e che il premiato era un giovane allievo del marito defunto. Solo la popolarità dell’attrice consentì la sospensione della pena corporale.

Dediti alla fustigazione sono i Basiji, squadriglie di giovani pasdaran utilizzate per tutti i “lavori sporchi” dal regime teocratico iraniano. Un altro elemento di sperequazione fra uomo e donna riguarda la capacità penale: il premio Nobel Shirin Ebadi, infatti, riferisce che una ragazza già a 9 anni è responsabile penalmente delle proprie azioni, mentre un ragazzo ne è responsabile solo a partire dai 15 anni.

Per affrontare questo insopportabile sistema di cose, per abolire le leggi più discriminatorie, come la poligamia e l’affido dei figli al marito (anche qualora sia responsabile di abusi nei confronti dei minori), è ormai in atto in tutto l’Iran l’azione di un vasto movimento femminile: “… Da mesi per tutto il Paese centinaia di donne sono in giro, vanno di casa in casa, parlano con la gente per la strada, negli autobus, nei taxi collettivi, vanno nelle redazioni dei giornali locali, nelle moschee, alle feste di nozze o ai funerali, insomma in tutti quei luoghi dove possono cogliere l’occasione di parlare con altre donne. Il regime è nervoso, reagisce con durezza, ma non sa bene come fermare questa ondata: come impedire ad una donna di parlare con altre per la strada o di far loro visita nelle case?…” (L’8 marzo a Teheran, botte alle donne in piazza, La Repubblica, venerdì 9 marzo 2007, pag. 32).

E’ un segnale di speranza, che le donne iraniane mandano al mondo intero anche a rischio della propria vita.

2 Commenti

  1. tornata di recente da un viaggio in iran,non ho visto polizia religiosa,non esiste l’obbligo del chador, molte donne indossano foulard colorati che lasciano scoprire i capelli, i manteaux sono attillati e colorati, sono molto ben truccate con smalto alle unghie. Alle donne iraniane manca il diritto al lavoro , la libertà di pensiero e di espressione, sono vittime di violenze e soprusi, per molte il foulard è solo un accessorio di moda!

  2. Stanco di essere tollerante…

    Sono stanco. Stanco di essere tollerante. In Iran si sono tenute le elezioni presidenziali, che hanno visto vincere, fra presunti brogli e festanti clamori, l’ultraconservatore e fondamentalista Ahmadinejad, già presidente della repubblica isl…

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