LA CRISI DEL GOVERNO HARIRI GETTA NUOVE OMBRE SULLA STABILITA’ DEL LIBANO (di Matteo Bressan)

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Dal sito del quotidiano on-line L’Occidentale (del 13 gennaio 2010) leggiamo e pubblichiamo:

“La crisi del già fragile governo libanese guidato da Saad Hariri, innescata dalle dimissioni di ben undici ministri dell’opposizione sui trenta che compongono l’esecutivo, sembra rappresentare una delle due opzioni in mano ad Hezbollah per fermare le ormai prossime accuse del Tribunale Speciale delle Nazioni Unite che indaga sull’omicidio di Rafiq Hariri, padre dell’attuale primo ministro.

Di fatto, con le dimissioni di un terzo dei ministri, il presidente Michel Sleiman è obbligato a verificare le disponibilità di tutte le forze politiche a creare un nuovo esecutivo. È chiaro a questo punto che l’obiettivo del Partito di Allah – che ha sempre voluto considerare il Tribunale come un’ingerenza d’Israele, il nemico sionista, nella vita politica libanese – è quello di dar vita ad un nuovo esecutivo che rinneghi un’eventuale sentenza che attribuisca le responsabilità della morte di Hariri ad Hezbollah.

La stessa dichiarazione dei ministri dimissionari pubblicata sul sito internet di Al Manar, il canale televisivo di Hezbollah, segna un possibile punto di non ritorno nella fase delle trattative e dell’unità nazionale. Se, da un lato, vengono esplicitamente ringraziate Arabia Saudita e Siria per il ruolo di mediazione svolto nel tentativo di ridimensionare gli effetti dell’attività del Tribunale, dall’altro però si riconosce il loro fallimento nel garantire la stabilità in Libano e si punta il dito contro quelle forze politiche, sostenute dagli Stati Uniti e da Israele, che avrebbero perso l’occasione di sottrarre il paese Libano al rischio che la conflittualità interna riesploda nuovamente.

In attesa di scoprire l’evolversi di questa ennesima crisi in Libano, le speranze per una soluzione politica restano vive. Il messaggio dei ministri dimissionari lascia infatti aperti degli spiragli ad una ricomposizione amichevole della frattura venutasi a creare all’interno del governo. Allo stesso tempo, tuttavia, non si può non guardare con preoccupazione ai semi di rinnovata discordia gettati ancora una volta da Hezbollah. Dall’accusa di aver reso impossibile l’unità nazionale del Libano rivolta alle forze politiche di maggioranza, alla presa del potere con la forza il passo è breve. La seconda opzione in mano al Partito di Allah per uscire dal vicolo cieco della probabile condanna del Tribunale è infatti quella di attuare un rapido colpo di stato, facilitato dalla sua notevole forza militare, accresciutasi ulteriormente nel corso degli ultimi anni grazie al supporto di Siria e Iran.

È bene ricordare, inoltre, che un simile scenario metterebbe seriamente a rischio la componente cristiano maronita della popolazione libanese che perderebbe in pochissimo tempo qualsiasi tutela e garanzia proprio in un momento così difficile per le minoranze cristiane del Medio Oriente.”

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