La differenza fra un cattolico e un Kattolico (Il Corriere del Sud, n°5/2002, pag.45)

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9788838469183p.jpg Che differenza c’è fra un cattolico e un kattolico? Ce lo spiega Rino Cammilleri, giornalista e saggista, nel suo libro “Il Kattolico” ( Edizioni PIEMME, 2001, pagg. 274, euro 12,91).

Il Kattolico è il titolo della rubrica che Rino Cammilleri ha curato per anni su vari periodici e che ancora oggi pubblica sul bimestrale “Il Timone”: il libro è una raccolta di queste rubriche. E’ lo stesso lavoro che Vittorio Messori ha fatto per i suoi interventi – Vivaio – apparsi qualche anno fa su Avvenire: quelle rubriche diedero poi vita a vari volumi. D’altronde Messori e Cammilleri, quasi isolati paladini dell’apologetica cattolica, viaggiano in grande sintonia: testimonianza ne è “Gli Occhi di Maria”, l’ultima recentissima fatica scritta a due mani.
Ma torniamo a “Il Kattolico”. Perchè dunque kattolico e non cattolico? Ovviamente siamo di fronte ad una provocazione, come è nello stile di Rino Cammilleri.

Si tratta di ribadire, quasi di gridare, la propria gioia di essere cattolici “tout court“, forti, senza obbligo di falsi pudori e di complessi di inferiorità. Cammilleri racconta come è nato il kattolico che è in lui: da liceale, negli anni ’60, si ritrova maoista quasi per caso, o meglio a causa del solito professorino di filosofia apostolo del verbo marx-leninista (cosa che, in quegli anni, faceva molto “chic”!).
Negli anni ’70, universitario di Scienze Politiche a Pisa, in una delle fucine del sessantotto italico, viene iniziato alla cultura del pensiero debole, del “dubbio” quale unica ipotesi culturale ed esistenziale ammissibile.

Racconta Cammilleri:” nei miei confronti i nuovi giacobini commisero due errori: a) mi indussero a leggere cose impegnate; b) mi instillarono il dubbio su tutto.

Non ci misi molto a dubitare anche di loro, di Mao, della lotta da continuare e della rivoluzione”.
Fu così che ritornato alla vita normale (quella che i sessantottini definivano con disprezzo “piccolo-borghese”, tanto per intenderci) e agli studi, si ritrovò dinanzi come professori universitari i rivoluzionari saliti in cattedra, ” severissimi allo spasimo sul pensiero di Bordiga e l’epopea del movimento operaio da Marx in poi “. A furia di ripetere esami (perchè mai abbastanza in linea con l’ortodossia di quei “prof”) Cammilleri scoprì ” una cosa strana: la prima che aveva fatto veramente qualcosa di concreto per il proletariato era stata la Chiesa “ . E’ il primo passo di quello che, con terminologia cattolica, si suole definire conversione: non solo la scoperta – straordinaria- che Dio c’è, ma che è presente nella storia dell’uomo ed è, pensate, cattolico! Fu allora, scrive Cammilleri, che incominciando a far domande fra parroci e sacrestie su Galileo, Inquisizione, Crociate e altre cose di questo tipo, mi accorsi che i più facevano spallucce senza saper dare risposte: “Avevano bevuto le minchiate dei sussidiari dell’obbligo. Imbarazzati, al massimo se la cavavano con un “incidenti di percorso; il vero cristianesimo è tutt’alto!
Praticamente certo mondo clericale arrivava quasi alle stesse conclusioni di certi marxisti: che Gesù e i primi cristiani erano stati i veri primi socialisti; che la Chiesa-istituzione poi aveva corrotto tutto. Cammilleri non ci sta. Da allora una montagna di studi, di articoli, di libri per raccontare, insieme appunto a gente del calibro di Messori, che le cose non stanno davvero così.
Nel libro dunque si trovano una miriade di informazioni per confutare i soliti luoghi comuni di cui negli ultimi decenni i cattolici si sono, inconsapevolmente ma talora anche consapevolmente, auto-alimentati, e che in estrema sintesi possono ridursi al concetto secondo cui la Cristianità sia stata solo roba di cui vergognarsi e chiedere perdono!

Già, perdono. Forse che anche Giovanni Paolo II non ha chiesto perdono per le colpe dei cristiani?

E allora come la mettiamo?

Risponde Cammilleri: “Ho visto che le cose, inquadrate nel loro contesto storico e ben sviscerate, sono diverse da come certa polemica storica le ha presentate. Per esempio, quel che i più sanno sull’Inquisizione l’hanno cavato da ” Il nome della Rosa” di Umberto Eco e “Il pozzo e il pendolo” di Edgar Alla Poe. Pochissimi leggono opere serie, di storici, sull’argomento. I mea culpa hanno anche avuto il merito di aprire il dibattito, e gli storici hanno dovuto squadernarne la verità: l’Inquisizione fu molto meno truce di quanto si pensi e sicuramente più mite degli altri tribunali; le crociate non furono affatto una guerra santa ma un pellegrinaggio per necessità armato; Galileo, dal punto di vista teologico (non scientifico) aveva torto. Ebbene il papa non ha fatto altro che dire, doverosamente, qualcosa del genere: signori, se i cattolici – che io rappresento – nel corso della storia vi hanno fatto qualche torto, a nome loro vi chiedo scusa; qua la mano e, anzichè estenuarci in sterili polemiche sul passato, guardiamo al futuro. Naturalmente la mano tesa è rimasta a mezz’aria, perchè non risulta sia stata stretta da qualcuno La cosiddetta cultura laica non ha mai fatto, nè fa, mea culpa dei preti ghigliottinati dai giacobini, dei cattolici impiccati dagli anglicani, delle vittime del comunismo, dei massacri degli ultimi due secoli ”
Leggere libri come “Il Kattolico”, per dei cattolici, è cosa estremamente salutare: non perchè abbiano a diventare, come il polemista Cammilleri, tutti “kattolici”; ma perchè lì si trovano notizie e spunti di riflessione estremamente utili da impiegare, ognuno per il proprio ambito, a fronte del P.C. di oggi. Che non è il Partito Comunista, ma, come ricorda continuamente Cammilleri, un pericolo altrettanto ingombrante: quel “Politicamente Corretto” che ha ormai permeato la nostra cultura (anche religiosa!) di perbenismo progressista.

Roberto Cavallo

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