LA LEGA E IL FUTURO DELL’ITALIA (di Marco Invernizzi)

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La Lega è l’altra forza politica uscita vittoriosa dalle elezioni politiche del 4 marzo. Non più Lega Nord, ma con un risultato molto importante in tutto il Nord e in particolare in Lombardia, dove, nonostante il cambio di candidato all’ultimo momento nelle concomitanti elezioni per la presidenza della Regione, ha sfiorato il 50% dei suffragi.

È bene ricordare un po’ di storia del più antico partito oggi presente in parlamento, il primo dei partiti nati dopo l’“epoca delle ideologie”, fuori dunque dallo schema Destra-Sinistra, comunismo-anticomunismo, che ha diviso l’Occidente dal secondo dopo guerra fino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989.

La Lega Nord nasce dalla cultura dell’autonomia dei popoli, per valorizzare le loro identità e proteggerle, mettendo in discussione lo stesso principio fondante dell’unità nazionale, quell’idea di Stato-nazione che sta a fondamento del Risorgimento italiano. Il partito guidato da Umberto Bossi eredita dall’intellettuale e politico valdostano Bruno Salvadori (1942-1980) il patrimonio culturale dell’autonomismo, ma presto lo traduce in un linguaggio politico, sfruttando i disagi prodotti dall’immigrazione interna, da sud a nord, e rivendicando i diritti dei popoli del Nord contro l’invasività del centralismo statale. Cresce e si radica soprattutto in Veneto, dove vive la memoria della gloriosa tradizione della Serenissima Repubblica di Venezia, ma anche in Lombardia, e più modestamente in Piemonte e in Liguria.

La guida passa poi da Bossi a Roberto Maroni e quindi, nel 2013, a Matteo Salvini, il quale viene progressivamente occupando lo spazio politico lasciato libero sulla destra dello schieramento parlamentare dalla fine di Alleanza Nazionale. La Lega mette quindi altrettanto progressivamente in secondo piano la propria identità storica originaria di “sindacato del territorio” e tenta di accreditarsi come partito di portata e respiro nazionali, con il proposito di contrastare non più l’egemonia romana quanto quella di Bruxelles, mettendo in risalto anche i pericoli presenti nel flusso d’immigrati che entrano in Italia e che vi rimangono da clandestini.

La Lega diventa dunque vero un partito nazionale nelle elezioni del 4 marzo; anzi, il principale partito della coalizione di Centro-destra con il suo segretario, Salvini, che potrebbe un domani, forse nemmeno troppo lontano, diventare premier del Paese.

È evidente che, soprattutto oggi in epoca di relativismo e di dominio del pensiero debole, le elezioni si vincono sui grandi temi della sicurezza, della disoccupazione e della diminuzione della pressione fiscale.

Tuttavia, affinché il consenso ottenuto non scompaia di fronte alle inevitabili difficoltà e sconfitte, un partito che voglia durare nel tempo deve fondarsi su principi solidi e proporre una narrazione che tenga unito almeno un pezzo base dell’elettorato, il cosiddetto “zoccolo duro”. Per questo la Lega, pur collocata a destra, non può passare dall’autonomismo al nazionalismo, ma deve proporre la riforma dello Stato in senso federalista, esaltando così le peculiarità dei diversi popoli d’Italia, senza pregiudicare l’unità nazionale. Deve cioè dimostrare che un partito di destra può essere federalista senza essere divisivo, può applicare i princìpi della solidarietà e della sussidiarietà che sono patrimonio della dottrina sociale cristiana raccogliendo il consenso dei ceti più deboli senza cadere nel pauperismo e senza disprezzare il risparmio e lo sviluppo delle diverse componenti della società.

La Lega ha incontrato anche il consenso di molti cattolici, particolarmente di quelli attenti a mettere la famiglia (uomo, donna, figli) al centro della società e a richiedere politiche concrete diverse dal mero assistenzialismo per favorire una inversione di tendenza che affronti il più grande problema politico italiano di oggi: l’“inverno demografico” che sta portando la nazione al suicidio.

Rispondendo a queste chiamate, la Lega potrebbe effettivamente diventare, e rimanere per molto tempo, un importante punto di riferimento politico per molti milioni di italiani. Non è facile, ma è possibile.

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