La Masseria delle allodole, racconto del dolore di un popolo (Corriere del Giorno, 8 aprile 2007, pag.6)

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masseria_1.jpgINTERVISTA A ZARA MARTIROSYAN, CONSIGLIERE D’AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA DI ARMENIA IN ITALIA

La masseria delle allodole, il libro best-seller di Antonia Arslan che narra sotto forma di romanzo il genocidio armeno realizzato dai Turchi nel corso della prima guerra mondiale, è diventato il nuovo film dei fratelli Taviani e in questi giorni è nelle sale cinematografiche. Parliamo di questo film, ma anche dell’Armenia di ieri e di oggi, con il Consigliere d’ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia, Signora Zara Martirosyan, che ci riceve molto cortesemente.

Consigliere, i conti con la storia alla fine< /h2>

si pagano sempre

Sì sono d’accordo. La verità prima o poi viene allo scoperto. Grazie al magnifico romanzo di Antonia Arslan, una scrittirice eccezionale, una vera italiana ed una vera armena, che ha saputo raccontare attraverso la sua opera profonda e sensibile, tutta l’Italia ha avuto modo di riscoprire e di conoscere il tragico destino del nostro popolo.

Nel libro e nel film si narra la tragedia di una sola famiglia e dei suoi sopravvissuti, ma più di un milione e mezzo di famiglie armene ha sperimentato quella medesima terribile tragedia.

Cosa le è piaciuto del film e

cosa no?

Il film rappresenta il nostro dolore. Per me è impossibile dire che cosa mi è piaciuto e che cosa no; posso solo dire che ho pianto dall’inizio alla fine. Immagini se uno vedesse un film sulla guerra nel Vietnam: un estraneo vedrebbe tale storia come un film senza un forte coinvolgimento emotivo personale, ma se lo guardasse un Vietnamita, che ha vissuto la tragedia della guerra sulla propria pelle, sarebbe diverso. Questa è la nostra storia, il nostro passato ed il nostro presente stato d’animo.

Per noi è un grande onore che siano stati dei grandi registi come i Fratelli Taviani a narrare in modo così eccellente una delle pagine importanti della nostra storia. Sono molto affascinata dalla recitazione di tutti gli attori, pur sapendo che non sono Armeni, ad eccezione di Arsinè Khanjian, che recita il ruolo di Arminè. Ma non ha fatto assolutamente differenza: tutti recitavano con una evidente comprensione dello spirito armeno.

Ad oltre 15 anni di distanza dal crollo dell’URSS e dall’indipendenza dell’Armenia, cosa è cambiato per il suo popolo?

A parte la breve parentesi della prima repubblica, dal 1918 al 1920; dopo 800 anni abbiamo finalmente il nostro Paese indipendente. E’ una gioia enorme. Anche sotto l’Unione Sovietica eravamo una repubblica, ma non era un’indipendenza reale. Ora il destino ed il futuro del nostro paese è nelle nostre mani; ci impegneremo, faremo il possibile per il bene del nostro Paese e del nostro popolo.

In che termini si pongono oggi i rapporti bilaterali con la confinante Turchia?

Non abbiamo alcun rapporto diplomatico bilaterale con la Turchia, perchè loro già il giorno successivo alla nostra indipendenza hanno chiuso i confini. Allora il pretesto era rappresentato dalla questione del Nagorno-Karabakh: Ankara si schierò subito con l’Azerbaigjan musulmano, per condurre una politica di turchizzazione nell’area sud-caucasica. Oggi che la questione del Nagorno Karabakh è in parte congelata, ci chiede di rinnegare la verità storica sul genocidio.

La minoranza cristiana in Turchia, fino all’inizio del secolo scorso particolarmente fiorente, è ridotta a meno dell’1% della popolazione. Come giudica la condizione della minoranze in Turchia, specie alla luce dei recenti assassini di don Andrea Santoro e del giornalista armeno Hrant Dink?

Sì, recentemente abbiamo appreso la notizia che anche lo scrittore e premio nobel Orhan Pamuk è dovuto andar via dalla Turchia, per sfuggire a minacce di morte. Questo per noi è un grandissimo dolore, soprattutto per don Andrea Santoro, sacerdote romano, e per il giornalista armeno Hrant Dink, il quale ha combattuto fino all’ultimo per far sì che il suo Paese, la Turchia, non abbia paura di riconoscere il proprio passato, perchè solo quando abbiamo la coscienza pulita possiamo progredire verso il futuro in modo costruttivo.

Ma purtroppo ancora oggi in Turchia si continua ad essere massacrati soltanto per avere la libertà di parola e di religione. La giustificazione turca è che il popolo turco deve salvaguardare la propria identità nazionale: la turchicità. Tutto ciò nasce dalla volontà di voler ancora nascondere la verità storica del genocidio.

Eppure altri popoli, come quello tedesco, sono riusciti a fare i conti con il loro passato. Perchè allora non riconoscere la verità storica, suffragata del resto dai milioni di Armeni, per poter chiudere un triste capitolo?

Il Parlamento italiano ha riconosciuto il genocidio lo scorso 17 novembre 2001. Alcuni Stati, Francia e Canada in primis, sono andati oltre, e considerano reato la negazione del genocidio armeno. Non le sembra esagerato?

Ultimamente anche in Olanda è stato celebrato un processo a carico del leader di un partito turco-olandese, che negava il genocidio degli Armeni del 1915. E’ una strada perseguibile anche in altri Paesi ? Certamente siamo toccati dal fatto che alcuni Stati abbiano prodotto questa legislazione, ma noi speriamo soprattutto che le Nazioni Unite facciano pressione per il riconoscimento della verità storica.

Negli Stati Uniti nel Museo dell’Olocausto è riportata una frase di Adolf Hitler: ” chi parla oggi del genocidio degli Armeni ?” Forte di quella sicurezza Hitler procedette alla Shoah: se già una prima volta era calato il silenzio, poteva legittimamente sperare che anche la seconda volta tutto continuasse a passare ancora sotto silenzio

Roberto Cavallo

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