LA POLITICA E LA SALVEZZA DELLE NAZIONI (di Marco Invernizzi)

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Senato – Palazzo Madama

Si avvicinano le elezioni politiche, si accendono gli animi e crescono gli interessi delle persone, interessi a volte legittimi ma spesso dettati da una ricerca vanitosa di amor proprio che poco ha a che fare con il bene comune.

Indubbiamente, essendo la politica attigua al potere, risveglia queste attenzioni e bisogna tenerne conto. Ma nessuno, solo Dio, può esaminare le intenzioni delle persone per verificarne la purezza.

Le elezioni ci sono e bisogna affrontarle, con razionalità e anche con un poco di entusiasmo.

Il dato di partenza credo siano i due family day del 2015 e 2016. Essi sono stati gli eventi politici più importanti degli ultimi anni perché hanno mobilitato tante persone e famiglie senza la mediazione di alcuna forza politica o istituzione ecclesiale, come invece era avvenuto nel family day del 2007.

Dai due family day è nato il Comitato Difendiamo i Nostri figli, dal quale successivamente si è staccato un partito, il Popolo della Famiglia, che cercherà di candidarsi alle prossime elezioni.

La seconda premessa importante è la certezza che la salvezza delle nazioni non verrà dalla politica. E’ questa una tentazione ricorrente nella storia del movimento cattolico italiano, che consiste nel pensare che prima bisogna conquistare il potere politico e poi con la forza dello Stato fare calare sulla società il modello cattolico. E’ il progetto nato nell’Università Cattolica con padre Agostino Gemelli e provato in diverse direzioni, prima con il tentativo di “cattolicizzare” il regime fascista, poi con la Democrazia Cristiana, in particolare attraverso quella parte che faceva riferimento a Giuseppe Dossetti e a Giuseppe Lazzati, da cui nacque la corrente di sinistra che si opporrà ad Alcide De Gasperi dentro il partito e ai Comitati Civici di Luigi Gedda nel mondo cattolico.

La dottrina sociale della Chiesa insegna diversamente, ad animare cristianamente l’ordine temporale (Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem) favorendo la penetrazione dei principi dentro il corpo sociale, nel rispetto della sussidiarietà, e soltanto poi, se e quando ci saranno le condizioni, a tentare la conquista delle istituzioni.

Analogamente è sbagliato costituire un partito estremamente minoritario, compatto sui principi ma insignificante, quando invece si tratterebbe, in una situazione di estremo relativismo come l’attuale, di contaminare le forze politiche esistenti con i valori della dottrina sociale della Chiesa.

Dalla società alla politica, dalla cultura alle istituzioni, non viceversa come invece avvenne negli Anni Trenta e Quaranta, quando la società peraltro era assai più omogenea dell’attuale. Così sarebbe un errore ancora più grave nel nostro tempo, un’epoca in cui il Magistero ci chiede la nuova evangelizzazione, di “uscire” per andare nelle periferie ad annunciare la Verità che salva.

In qualche modo questo vale anche per la proposta politica. Bisogna tentare di portare il family day nei comuni e nelle regioni, nel Parlamento potendo, perché la scritta family day che si accese sul Pirellone di Milano si accenda anche nei cuori dei governanti e di chi aspira a governare, di chi ha una vocazione politica ma spesso non ha nessuno che lo aiuti a discernere, che gli suggerisca i temi da affrontare, che lo conforti e lo ammonisca, insomma non ha un ambiente di riferimento che lo aiuti e lo accolga.

Non so quanti uomini politici capiranno, ma questa è la strada. Altrimenti vincerà l’indifferenza, e il partito dell’astensione potrebbe raggiungere la maggioranza assoluta.

 

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